Mirandola – Prima dei Pico

Commenti (3) Mirandola raccontata da Vanni Chierici

La storia della Mirandola pichense è ricca di eventi e fatti importanti non solo per noi indigeni, ma per l’Europa tutta e tutto sommato abbastanza documentabile nonostante la perdita degli archivi dei Pico. Non è così purtroppo per tutto il periodo precedente.

Nel territorio mirandolese, complice anche la conformità del terreno di tipo paludoso, le tracce trovate dei primi insediamenti umani sono scarsissime; giusto alcuni sassi, frammenti di porcellane e poco altro. I siti archeologici della nostra zona sono sei: il Boccazzola che si trova vicino a Poggio Rusco, la Falconiera, la Tesa, la Cà Bianca ed il Palazzo nelle terre mirandolesi ed il Casino di Pavignane nel sanfeliciano; tutti i siti elencati si trovano a nord ed a est della Mirandola. Le ricerche sono state effettuate in vari periodi dal CARC (Centro di Attività Ricreative e Culturali) di Finale Emilia e dal CESP (Centro Emiliano di Studi Preistorici) sezioni di Mirandola e S. Felice. I reperti trovati si possono ammirare in vari musei emiliani, compreso il Museo Civico della Mirandola (quando sarà ripristinato: nota “polemica” dell’autore.).

I primi insediamenti umani accertati nella bassa modenese risalgono alla piena e tarda età del bronzo quando, spinte da carestie ed invasioni nemiche, alcune popolazioni galliche di origine celtica varcarono le Alpi e si insediarono nella pianura padana. Nella bassa modenese, dopo averne scacciato gli etruschi, si sistemarono i Galli Boi che trovarono di loro gradimento la zona, seppur infestata dalle zanzare, che abbondava di cacciagione. Vissero lì felici e contenti per circa duecento anni quando da sud risalirono i romani. Nel 183 A.C., dopo una fiera resistenza, la “pax romana” ebbe la meglio sui Galli Boi ed ebbe inizio la romanizzazione del territorio. La tecnica dei romani consisteva in tre fasi; dapprima la fondazione o riorganizzazione dei centri urbani, poi la divisione del territorio rurale ed infine la creazione di una rete viaria. Tra il I secolo A.C. ed il I secolo D.C. agli abitanti del posto, che per la maggior parte erano ex soldati romani pagati con la concessione di terreni del luogo, venne concessa la cittadinanza romana ed i nostri antenati poterono finalmente affermare: “semo de’ Roma”!

Anche per quanto riguarda la civiltà romana le testimonianze storico- archeologiche non sono molte, soprattutto perchè nel Medio Evo molti manufatti romani vennero utilizzati per le nuove costruzioni dell’epoca impedendone così lo studio postumo, ma sappiamo sicuramente che Quarantoli fu un insediamento romano, se non altro grazie alla toponomastica ( che non è un topo sdentato, ma lo studio dei nomi dei luoghi). Per quanto riguarda la Mirandola essa era ancora aldilà dal divenire.

Nel lungo periodo del governo di Roma, il paesaggio del territorio venne rivoluzionato dalla nuova organizzazione. Bonifiche e dissodamento asciugarono un po’ il terreno permettendo un più vasto sfruttamento dell’agricoltura e dell’allevamento pur mantenendo vaste zone boschive colme di selvaggina. Avrebbe potuto essere una vita idilliaca e prospera ma con l’indebolirsi di Roma le invasioni barbariche, non più fermate alle frontiere, divennero via via più frequenti. La caduta dell’impero portò a quel lungo lasso di tempo chiamato medio evo, considerato uno dei periodi più bui d’Europa.

Reperti dell'età del bronzo nel Museo Civico della Mirandola.

Reperti dell’età del bronzo nel Museo Civico della Mirandola.

Reperti dell'età del bronzo nel Museo Civico della Mirandola.

Reperti dell’età del bronzo nel Museo Civico della Mirandola.

 Raffigurazione pittorica diella vita nella bassa modenese nell'età del bronzo.

Raffigurazione pittorica della vita nella bassa modenese nell’età del bronzo.

Carlo Magno

Carlo Magno

 Interno del Museo Civico della Mirandola.

Interno del Museo Civico della Mirandola.

Fu in quest’epoca che, a causa di carestie, pestilenze e saccheggi da parte degli eserciti di passaggio, vi fu una decisa recessione demografica che spopolò la zona e vanificò in parte i risultati ottenuti con le bonifiche dei romani.

L’arrivo dei Longobardi cambiò le cose. Essi costruirono una torre di guardia nel luogo ove oggi fanno bella mostra di sé i resti del castello. E’ molto probabile che questa fosse la prima costruzione nel luogo esatto dove oggi sorge la Mirandola; questo succedeva intorno al VII secolo. Fu certamente la presenza di soldati, che dava un senso di protezione, la probabile ragione per un ripopolamento graduale della zona. Ovviamente l’organizzazione romana era andata a catafascio, ma la dominazione longobarda non fu male. Le terre della bassa modenese erano gestite in proprio da “libere” comunità rurali, in cambio naturalmente di tasse al potere centrale. Una di queste comunità era denominata Flexum o Flexo ed il suo territorio si estendeva grosso modo nella zona compresa tra il fiume Secchia allora chiamato Muclena ad ovest, il Po a nord, il ferrarese ad est e la futura Mirandola a sud.

Le cose andarono bene fino all’arrivo dei Franchi di Carlo Magno intorno all’anno 800, quando sconfisse i Longobardi conquistandone i territori. Rendendosi conto che governare il vasto impero, rappresentato dalla Francia, dalla Germania, da parte della Spagna e dall’Italia, sarebbe stato un compito improbo, il neo imperatore ne delegò alla propria aristocrazia l’incarico ponendo così le basi per lo stato feudale che ridusse in pratica i lavoratori agricoli alla stregua di schiavi, o poco più. Re Carlo, oltre che valente combattente, era anche uomo pio e devoto fedele e così iniziò ad elargire vaste donazioni di terre alla Chiesa. L’Abbazia di Nonantola ricevette, tra molti altri, i territori della bassa modenese. Gli abitanti di Flexum non ne furono molto felici e, quando venne istituito un processo per definire la proprietà della regione tra vari contendenti, si fecero avanti portando le proprie ragioni. Persero naturalmente ma, quando qualche tempo dopo venne istituito un nuovo processo, si rifecero avanti presentando un documento firmato dall’ultimo imperatore longobardo che donava loro in gestione le terre contese. Purtroppo per loro il documento in questione conteneva anche la dichiarazione che comunque il territorio restava di proprietà imperiale e quindi il nuovo boss poteva farne ciò che desiderava. Inoltre, visto che i rappresentanti di Flexum erano stati un po’ turbolenti, furono pure condannati ad una bastonatura pubblica.

Il governo dell’Abbazia non dovette però essere poi così male visto che la comunità della bassa si rafforzò ed intorno alla fortificazione, che nel frattempo era ingrandita fino a raggiungere lo status di castello, si formò un piccolo agglomerato di borghi che ne approfittavano per la propria difesa.

A lungo andare però gli abati di turno si resero conto che amministrare un così vasto territorio era superiore alle loro forze. Decisero così di restituirne alcune porzioni agli antichi proprietari o darle in affitto. Nel 1.049 la Corte di Quarantola, comprendente il castello della Mirandola, venne dato in enfiteusi al marchese Bonifazio, futuro padre di Matilde di Canossa.

Questa poi la passò ad Ugo di Manfredo, capostipite della famiglia Pico. Va mo là!

Vanni Chierici

Fonti: Vilmo Cappi. La mia Mirandola.

Veber Gulinelli. I terramaricoli nella bassa modenese. Mauro Calzolari. Per una lettura del territorio: le persistenze romane nella pianura modenese.

Vito Fumagalli. Comunità rurali della basa valle del Secchia nell’alto medio evo.

Abate Girolamo Tiraboschi. Memorie storiche Modonesi. Tomo IV.

3 Responses to Mirandola – Prima dei Pico

  1. Luigi Vatta says:

    Potrei sapere da che testo sono state tratte le immagini ed avere più informazioni sulla forma di fusione per scalpello?
    grazie

    • Fabrizio Artioli says:

      La domanda è stata girata all’autore dell’articolo, appena avremo informazioni più dettagliate le risponderemo.
      Cordiali saluti

  2. Fabrizio Artioli says:

    La spiegazione dell’autore dell’articolo:
    “Per quanto riguarda la fusione: è uno stampo ottenuto da un blocco di calcare in cui veniva versato il metallo fuso; questo stampo è per fare uno scalpello. Le foto sono prese da uno dei libri citati alla fine dell’articolo.

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