La bachicoltura e la filatura della seta a Concordia dal 1600 al 1700

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Riportiamo una nota di Enzo Ghidoni sull’argomento pubblicata sul N° 1, Marzo 1987, del trimestrale della Parrocchia di Concordia “IL PONTE’.

Un settore produttivo assai importante a Concordia in epoca antica era la produzione e la lavorazione dei bozzoli di bachi da seta.

L’abbondanza e la buona qualità del prodotto concordiese avevano reso famoso il nostro centro in gran parte dell’area padana.

Durante il 1600 e il 1700, a partire dai primi giorni di giugno e per tutto il mese, si teneva a Con­cordia, sotto i portici, il cosiddetto mercato del Pavaglione, dove i produttori di bozzoli vendevano ai commercianti e artigiani locali e forestieri il loro prodotto.

La bachicoltura perciò era una dei fattori principali per il riequilibrio degli scambi commerciali del nostro paese.

Come si è detto l’abbondanza del prodotto stimolò le capacità imprenditoriali di alcuni concordiesi che non si limitarono più a vendere o commerciare il prodotto grezzo, ma allargarono il ciclo produttivo impiantando una serie di bollitore o “caldiere”, dove i bozzoli venivano trattati, e, successivamente di filatoi meccanici e a mano, ma anche un importante filatoio ad acqua. Probabilmente il mulino del “Follo”, dove si produce­vano pannilana, con la decadenza di questa arte, venne riconvertito, sfruttando sempre la forza idraulica del Secchia, a produzione di filati di seta. Il processo produttivo ebbe tanta importanza che il sistema di filatura detto alla “Concordiese” venne adottato da gran parte dei produttori circonvicini arrivando ad estendersi oltre Modena, sino alla mon­tagna.

C’è da dire, per vero, che questo sistema di filatura, basato sulla ritorsione di un solo filo, produceva un filato abbastanza grezzo e di bassa qualità, ma ebbe, nonostante ciò, larga notorietà e importanza per tutto il 1600. Durante il 1700 invece, con il progre­dire della tecnica, soprattutto bolognese, che impiegando la ritorsione di due fili riusciva a dare un prodotto molto più robusto e fine, il sistema “Concordiese” ridusse fortemente la sua influenza, tanto da estinguersi alla fine del secolo”.

La bachicoltura a Concordia dal 1800 al 1940

Finita l’epoca d’oro delle attività locali legate alla lavorazione della seta “alla Concordiese”, non cessa però l’allevamento del baco da seta anche se detta attività viene limitata alla produzione e vendita dei bozzoli nei mercati di Concordia e di Mirandola come testi­moniano alcuni anziani di Concordia che ricordano come nel 1916 portassero al mercato i bozzoli puliti e ben sistemati nelle ceste di vimini.

Uno degli ultimi allevamenti di bachi non è stato portato a termine nel 1940 a causa del richiamo alle armi dell’interessato.

La bachicoltura veniva realizzata nelle case di campagna, spesso nelle cucine, utilizzando le foglie del gelso che era molto coltivato sia in filari che sparso. A detta attività si dedica­vano soprattutto le donne. L’allevamento dei bachi cessa quindi nelle nostre zone con l’i­nizio della 2a Guerra Mondiale, anche se qualche allevamento didattico viene fatto in scuole elementari fino agli anni ’60.

Costruzione del bozzolo

Costruzione del bozzolo

Il ciclo di produzione del baco da seta

Il ciclo di produzione del baco da seta

Intere famiglie coloniche intente a lavorare il baco da seta

Intere famiglie coloniche intente a lavorare il baco da seta

Caratteristica scaffalatura per l'allevamento dei bachi denominata "Castello Scalera" e, localmente 'Barighèl".

Caratteristica scaffalatura per l’allevamento dei bachi denominata “Castello Scalera” e, localmente ‘Barighèl”.

Che cosa è rimasto della vecchia bachicoltura locale 

Mentre degli antichi Mulini Natanti vi sono documenti, antiche mappe, pubblicazioni e importanti testimonianze come una ventina di pali di rovere (“gùcì”) in Secchia del Mu­lino di Sotto o delle Decime del 1743, e il modello del Mulino del Porto del 1907, al conte di Concordia cioè a Pico della Mirandola sono stati giustamente dedicati tanti studi e pubblicazioni e memorabili convegni, della plurisecolare bachicoltura concordiese non è rimasto praticamente niente anche perchè è stata trascurata dagli studiosi di storia locale.

Comunque è ancora vivo il ricordo di detta attività nel permanere nell’onomastica con­cordiese di alcuni soprannomi legati ad una attrezzatura caratteristica del processo pròduttivo denominata “castello”, “scalera” o “barighèl”. Era una specie di scaffale di legno a più piani sui cui ripiani con fondo di arelle, si ponevano i bachi. Infatti la famiglia Gamberini di San Giovanni che soleva finanziare gli allevatori è soprannominata “Bari­ghèl” come pure la curva dove abita. Il toponimo Barighella di Santa Caterina che da il nome all’omonima via potrebbe derivare dalla presenza in loco di molti “Barighèl” cioè molti allevamenti di bachi da seta.

Anche se a Concordia non è rimasto niente, nel vicino Mantovano sono riusciti a conser­vare attrezzature e macchine prodotti artigianalmente sia per l’allevamento del baco che per la lavorazione della seta grezza come si è potuto vedere in una interessante mostra del 1987 allestita dal Comitato Sagra a Bondanello di Moglia (Mantova) intitolata: “L’al­levamento del baco da seta: dal baco al tessuto”.

È possibile un rilancio anche a Concordia della nuova bachicoltura?

Come si diceva all’inizio numerose sono le iniziative in atto nella nostra Regione e Pro­vincia per rilanciare su basi nuove l’allevamento del baco da seta: a Minerbio in provincia di Bologna una Cooperativa giovanile ha piantato dei gelsi perchè intende realizzare un piccolo allevamento sperimentale di bachi.

Un esperto di Ferrara tiene corsi itineranti di bachicoltura. A Montese, nell’Appennino Modenese, ci risulta esservi allevamenti di ba­chi. L’Istituto Professionale di Stato dell’Agricoltura “Lazzaro Spallanzani” di Castel­franco Emilia ha allo studio l’allestimento di un allevamento sperimentale di bachi da seta. Inoltre la Regione ha in programma finanziamenti per corsi professionali finalizzati alla bachicoltura.

Non ultimo, anche la fondazione Ratti di Como, dove è concentrata, con circa 350 imprese, la quasi totalità dell’industria serica italiana, stà dando vita ad un alle­vamento di bachi da seta nel proprio stabilimento di Guanzate per avere materia prima prodotta localmente.

Senza pensare che possa verificarsi quanto è avvenuto per la soia diffusasi nel giro di pochissimi anni in tutta la Pianura Padana, la collaborazione tra Enti pubblici e privati con l’industria del settore e gli allevatori potrebbe rivelarsi molto utile per il rilancio della bachicoltura sia pure su basi nuove e come attività minore per fornire redditi integrativi.

Una occasione propizia per far conoscere ai concordiesi la vecchia e la nuova bachicoltura potrebbe essere quella della prossima edizione 1988 della riscoper­ta antica Fiera dei Santi Pietro e Paolo di fine giugno con Mostre storiche e attuali ed incontri fra tecnici ed operatori interessati.

Chissà che dopo circa 50 anni di interuzione non possa riprendere anche a Concordia l’al­levamento del baco da seta cioè una attività locale plurisecolare nata, come si racconta quasi casualmente in Cina circa 4600 anni fa quando l’Imperatrice Si-Ling-Ki lasciando per caso cadere un bozzolo nell’acqua calda si accorse che la matassa era fatta di un solo filo che poteva essere sciolto e quindi filato.

Enzo Ghidoni – Marzo 1987

One Response to La bachicoltura e la filatura della seta a Concordia dal 1600 al 1700

  1. Consuela fabbri says:

    Bellissimo articolo… L ho trovato molto interessante

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