In giro per la Mirandola nel 500-600

Commenti (0) Mirandola raccontata da Vanni Chierici

Iva, Ici, Imu, Tasi … e paga.

Da che mondo è mondo le tasse si sono sempre pagate. Beh, quasi sempre. Anche nel ‘500 si pagavano, e sul serio. Allora non c’era mica il patteggiamento; se evadevi ti portavano in piazza, ti appoggiavano la testa su di un ceppo e ti facevano la sfumatura bassa. Questo ai nobili; per la plebe c’era la forca, spettacolo meno sanguinoso ma più duraturo. Alla Mirandola le tasse erano proverbiali, forse era lo stato italiano più tartassato, tanto che si mormorava che fosse tassata anche l’aria che si respirava.

Però in generale i Pico erano a loro modo governanti onesti. Quando Galeotto I decide di costruire il Palazzo del Comune ovviamente tassa, una tantum, i suoi sudditi, dai nobili ai contadini. Finiti che furono i lavori fece i conti e si accorse di aver speso meno del previsto. Il denaro rimasto venne restituito ai contribuenti … va mo là!

Certo la vita allora era dura specie per il ceto più basso. In verità la terra della Signoria era fertile e dava ricchi raccolti di frumento e d’uva d’oro, semprechè non ci fossero inondazioni o guerre, e quest’ultime sappiamo che purtroppo erano molto frequenti. Nei pochi anni di pace si riusciva anche ad esportare bestiame. L’artigianato era fiorente ed anche il contrabbando favorito dalla posizione della città confinante con i grandi stati di Modena, Mantova e Ferrara.

Nonostante questa situazione però la plebe e gli artigiani faticavano a riempirsi la pancia dovendo lavorare per lo più per mantenere nel lusso la nobiltà ed i Pico e la morte per fame non ero poi tanto rara. E se era difficoltoso mangiare tutti i giorni immaginiamoci fare le cose che oggi sono di ordinaria amministrazione. Gli unici “divertimenti” per il popolino erano qualche rogo o decapitazione in piazza gentilmente offerti dal boia di corte, o qualche “festa” in occasione di eventi particolari.

Come il matrimonio di Francesco Pico, figlio del Duca Alessandro II Pico. Il Duca della Mirandola sceglie la nobildonna romana Anna Camilla Borghese, piccola di statura ma di “vaghissime forme” e di “grazie singolari”, afferma il Ceretti nelle “biografie Pichensi, ma anche portatrice di una dote di centomila ducatoni d’argento .   sull’unghia. Il principe Francesco nel gennaio del 1655 va a Roma e conosce la fidanzata ed il 24 aprile successivo Marcantonio Borghese, fratello di

Primi del '900 - galleria grande del castello

Primi del ‘900 – galleria grande del castello

Galleria grande del castello oggi

Galleria grande del castello oggi

Il mangiatore di fagioli di A. Carracci. rappresentazione di un contadino tra '500 e '600.

Il mangiatore di fagioli di A. Carracci. rappresentazione di un contadino tra ‘500 e ‘600.

Alessandro II Pico

Alessandro II Pico

Anna, la sposa a nome del principe mirandolese; alora a custumava acsè. Il giorno dopo Francesco riceve dalle mani del cognato la consorte ed iniziano i festeggiamenti che si protraggono per giorni, dopodiché si parte alla volta della Mirandola.

Arrivano il 13 maggio; il Duca e la Duchessa li ricevono davanti al palazzo della Motta di Cividale e quando Anna si appresta a “prostrarsi ginocchione” dinanzi al suocero questi svelto le afferra le mani e le impedisce tale gesto permettendole solo il baciamano; chi ben comincia é a metà dell’opera.

Terminati i convenevoli il corteo formato da 25 carrozze tirate da sei cavalli si dirige in città. La strada é fiancheggiata da due ali di soldati della milizia cittadina che, oltre ad omaggiare i Signori, hanno il compito non facile di tenere a bada la popolazione che é accorsa in massa; si dice che fosse presente tutta la cittadinanza di settemila anime più buona parte delle genti delle contrade limitrofe. Alle ore 23.30 il corteo entra in città salutato dai colpi di cannone e colubrine; le cinque torri del castello sono agghindate con girandole e fuochi artificiali, la piazza é illuminata a giorno da torce e fiaccole ed il popolo saluta e applaude divertito. Il giorno dopo pranzo nuziale nella sala grande del castello che dovette durare non poco visto che della giornata non vi é altra notizia. Più consistente il programma del 15 maggio. La mattina messa solenne in S. Francesco poi un nuovo pranzo nuziale; questa volta si svolge nella gran galleria (per intenderci quella dove oggi c’é l’ingresso del museo e che allora correva per tutta la facciata del castello) in modo che il popolino tutto potesse essere spettatore dell’evento perché “generale dovea esser la gioia”. La serata si conclude con un ballo in maschera. Tra feste e spettacoli vari e passerelle in piazza a beneficio dei sudditi, le celebrazioni si concludono il 24 del mese.

Riprende la solita vita; nel lusso e con i pensieri del governo per i nobili e col duro lavoro nelle botteghe e nei campi per la plebe.

Vanni Chierici

Fonti: Giuseppe Morselli (Mirandola 30 secoli di cronaca).

Memorie storiche della città e dell’antico Ducato della Mirandola. Biografie Pichensi. TomoXVII

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