I giornali mirandolesi dell’Ottocento.

Commenti (0) Racconti

Senza titolo-1

IL PROMOTORE

Il primo giornale tutto mirandolese che viene dato alle stampe a Mi­randola nella seconda metà del secolo scorso è ”il Promotore”, che ve­de la luce nel 1866, esattamente il 5 gennaio. Si compone di quattro pagine, esce il sabato (è quindi un settimanale) e il suo motto è “istru­zione — educazione”. Ne sono gerenti responsabili (equivalenti agli odierni direttori) Luigi Papotti, Giovanni Battista Lanzoni e Guglielmo Rovatti). Viene stampato da Gaetano Cagarelli.

Questo periodico -— come sostiene nel suo articolo di presentazione ai lettori — non intende essere un foglio politico e nemmeno letterario o scientifico, ma “ha per scopo principale l’istruzione e l’educazione popolare, a seconda dei bisogni particolari della nostra località. Istruire ed educare il Popolo: ecco il programma del “Promotore’’.

La dichiarazione programmatica viene ampliata dal direttore responsa­bile Giuseppe Cagozzi il quale fa presente ai lettori che “l’intendimen­to del giornale è quello d’instillare nella nostra popolazione un forte sentimento dei Diritti e dei Doveri che ciascuno ha, e come individuo e come cittadino; perché non havvi alcun dubbio che l’educazione nel più alto senso non sia compresa nel retto e miglior uso di quelli”.

Oltre a questi articoli dedicati ai problemi dell’istruzione popolare e dell’educazione, il giornale mirandolese tiene una rubrica dal titolo “La rivista dei comuni”, una sorta di cronaca locale, un’altra di” no­stre corrispondenze interne” e infine una rubrica che porta il titolo di ”Varietà” e riferisce un collage di notizie tratte da altri giornali.

Il ”Promotore” dura esattamente un anno. Esso cessa le sue pubblica­zioni con questo annuncio stampato sul numero 51 del 22 dicembre 1966: “Col prossimo numero il Promotore chiude i battenti e con ciò rendiamo avvertite le Direzioni dei Giornali che gentilmente ci diedero sempre il cambio, acciocché col principiare del nuovo anno sospendano l’invio dei loro periodici”. L’ultimo numero esce il 29 dicembre del ’66. Non si conoscono i motivi precisi per cui il giornale abbia dovuto sospendere le sue pubblicazioni, ma certamente il fattore economico non vi è estraneo.

”LA SCUOLA DI GIOVANNI PICO”

Nel 1896 vede la luce un nuovo periodico mirandolese. Si tratta de ”- La scuola di Giovanni Pico della Mirandola — propugnatrice di libertà — di civiltà e di progresso”. Si pubblica ogni sabato e costa una lira ogni tre mesi. Il direttore responsabile (o gerente) è Domenico Spezia, coadiuvato da vari collaboratori, fra cui il dott. A. Morselli, A. Salga- relli; Carlo Pezzi di Alessandria, il comm. Carlo Venturini di Ravenna e vari altri. Si stampa in Mirandola per i tipi di Moneti e Cagarelli, si struttura in otto pagine di piccolo formato e tratta di svariati argomen­ti, anche se il tema dominante resta quello dell’educazione e formazio­ne morale della gioventù. È comunque un giornale laico, di chiara ispirazione liberate, di tendenze democratiche. Parla molto della libertà, della civiltà, del progresso e dell’istruzione della gente. È, insomma, un cosiddetto giornate d’opinione.

Nel 1871 il periodico da settimanale diventa mensile (o meglio, men- suale, come si diceva allora) per ”poter trattare con maggiore diligenza e diffusione le quistioni che più vivamente interessano”. Le pubblica­zioni continuano fino al 1875 quando il periodico diventa l’organo uf­ficiale della Accademia Giovanni Pico della Mirandola, cambiando parzialmente la testata che diventa ”La Scuola di Pico”. Continua ad essere stampato nella tipografia di Gaetano Cagarelli, uscendo nei gior­ni 10, 20 e 30 di ogni mese. La testata reca al centro un’aquila con le ali spiegate e che regge nel becco il motto ”Post fata resurgo”, che si riferisce alla mitica fenice. Il nuovo periodico diventa di otto pagine, il dirigente responsabile è sempre Domenico Spezia. Il periodico è rivolto principalmente ai soci dell’Accademia e quindi i suoi contenuti sono ri­volti verso la storia e la letteratura, con particolare riguardo alle patrie vicende. Un certo rilievo era anche dato alle notizie di carattere locale. Non si conosce con esattezza la data di cessazione di questa testata.

LA FENICE

Nei primi giorni dell’anno 1872, accanto ai giornali prima elencati, compare una strenna che porta il titolo ”La Fenice”. Prima di parlare di questo nuovo periodico è bene precisare cos’era una strenna. Era una sorta di calendario che non portava soltanto l’elencazione dei mesi e delle lune, ma si arricchiva di poesie, di elzeviri, di racconti, di arti­coli di storia e letteratura: una specie di moderno rotocalco.

La strenna ”La Fenice” esce per la prima volta nel 1872 per iniziativa del dott. Francesco Molinari e proseguirà le sue pubblicazioni annuali fino al 1908, anno in cui muore il suo fondatore.

‘Il nuovo periodico si presenta al pubblico in tutta umiltà: ”Le strenne sono molte — dice un corsivo di apertura — ve ne sono di serie e di festevoli, di gravi e romantiche, di buone e di cattive. Ma, per ragione del costo, le più di esse sono lette da pochi; laddove questa nostra, per il prezzo limitato assai, potrebbe leggersi da tutti. Ed ecco il primo pregio della strenna mirandolese. L’altro è tutto nell’intenzione di chi scrive. In tanta colluvia di libercoli irreligiosi ed immorali, non sarà inutile diffonderne alcuno che, stornando la gioventù dalle codarde lusingherie, la diletti e, ricreandola, la rafforzi nei buoni principii e la conforti al bene”.

”Tale è la nostra lusinga — conclude il dott. Molinari — e però non esitiamo a porre in fronte alla strenna le parole anno primo che sono una promessa o, se volete, una minaccia di continuare la nostra pub­blicazione negli anni avvenire”.

La scherzosa promessa-minaccia, come si è detto, si avvera e la strenna mirandolese, un autentico patrimonio di notizie e di curiosità storiche della vecchia Mirandola, uscirà per oltre trent’anni e cesserà appunto con la morte del suo fondatore. Avrà lo stesso destino del più famoso peridico cittadino, ”L’indicatore Mirandolese”.

LA CRONACA

Nel gennaio del 1876 esce a Mirandola un nuovo periodico: si tratta de ”La cronaca”, una specie di ebdomadario di carattere politico, ammi­nistrativo e sociale. Ha per motto ”Ragione, libertà e morale” e si stampa nella tipografia Rubbiani di Finale Emilia. Il gerente responsa­bile è un certo Antonio Lodi e i punti di diffusione sono, oltre Miran­dola, Finale Emilia, Cento, Bondeno e San Felice sul Panaro.

Vi è un articolo di fondo che puntualmente inneggia alla libertà, è di ispirazione radical-socialista: non a caso il collaboratore di Mirandola è Arturo Ceretti, fratello del più noto Celso, mentre da Cento invia corrispondenze un non precisato autore che si firma Nemo, e da San Felice un non meglio conosciuto Faust.

Questo periodico è quasi introvabile. Nella Biblioteca di Mirandola ne esiste una sola copia, il numero 7 dell’anno primo. Non sappiamo quanto sia durato, ma certamente la sua vita è stata piuttosto breve. Anche perché dopo qualche mese il mirandolese Arturo Ceretti passerà a fondare e dirigere, a Modena, il giornale ”L’Avvenire”, un foglio chiaramente di sinistra. Questo gli costerà un anno di arresto e un pro­cesso estremamente ridicolo, in cui verrà assolto con formula piena. L’accusa è infatti quella… di esprimere liberamente le proprie idee.

L’INDICATORE MIRANDOLESE

È certamente il più noto giornale di Mirandola, l’unico che sia giunto a noi nella sua completezza. ”L’Indicatore Mirandolese” vede la luce nel 1877, esce con cadenza mensile e ha come redattori e collaboratori il dott. Francesco Molinari, il dott. Nicandro Panizzi, segretario comu­nale, don Felice Ceretti e poi Gino Malavasi di Disvetro e tanti altri. Viene stampato nella tipografia di Gaetano Cagarelli e ha come suo primo gerente responsabile Francesco Bulgarelli.

Il programma è quello di offrire una ”pubblicazione periodica che sia la vera interprete delle aspirazioni del paese seguendo i progressi ed eccitando tutti ad imprese degne della Mirandola e della sua fama stori­ca. L’esperienza ha dimostrato che una pubblicazione settimanale diffi­cilmente poteva sostenersi perciò si è pensato di farla mensuale assicu­rando così una più lunga esperienza”.

Pertanto l’Indicatore ha per scopo l’indicare e raccogliere tutte le cose che interessano la città. Perciò si occupa di argomenti relativi alla sto­ria patria, divenendo di fatto il bollettino della Commissione di Storia Patria e di Arti Belle, ma pubblica anche le discussioni e le deliberazio­ni del Consiglio comunale, lo stato civile, notizie di carattere civile e religioso, amministrativo, commerciale, scolastico; musicale, teatrale, ecc. Pubblica i bilanci della Cassa di Risparmio, offre un qualche spa­zio anche alla cronaca nera.

Il giornale afferma che non sono ammessi scritti relativi a pettegolezzi del paese e manterrà la sua parola; dice anche che non si occuperà di ”quistionì politiche che saranno sempre estranee al periodico” ma qui non terrà fede alla parola. Un’apposita rubrica, che porta il titolo di ”Fasti del socialismo” dirà tutto il male possibile sulle idee e sui perso­naggi di questo movimento politico. Su ”L’Indicatore Mirandolese molto è stato scritto e, fra l’altro la sua collezione completa si può consultare presso la Biblioteca comunale. Uscirà fino al 1908, anno in cui scompare il suo fondatore e finanziatore dott. Molinari.

Il periodico, fra i fogli ingialliti dei suoi 31 anni di vita, offre un im­portante spaccato di vita della Mirandola fra i due secoli e appare una fonte importante per tutti gli studiosi.

IL TRIBUNO

Siamo nel 1882 e un nuovo periodico appare nella vecchia città di Mirandola. Il 10 settembre di quell’anno vede la luce il battagliero ”Il Tribuno” un periodico di ispirazione radicale che ha per motto un det­to di Loustalot: ” I così detti grandi non sono tali, se non perché noi siamo in ginocchio. Leviamoci!”. È un periodico di chiara provocazione, anticlericale, laico fino all’eccesso, di tendenze libertarie e soprat­tutto grande ammiratore di Giuseppe Garibaldi.

È pubblicato in comunione con Sermide e ha come gerente responsabi­le Adolfo Costantini e si stampa a Mirandola presso la tipografia Cagarelli. Il vero deus ex machina del foglio è certamente il capitano Cel­so Ceretti, innamorato del suo grande capo Garibaldi.

L’ideologia professata è, per quei tempi, molto spinta e subito incontra molti oppositori, come è logico. ”Il nostro giornale — dice il fondo del primo numero — intende avere la missione modesta di presentarsi come foglio elettorale, e quindi non predicherà l’azione diretta, né sarà democratico. Non abbiamo gran fede nel parlamentarismo, abbiamo fede in tutto quello che si può sfruttare da esso”.

Di grande importanza i contenuti del secondo numero del foglio. In­tanto viene detto che il Generale Garibaldi scriveva a Celso Ceretti di aderire ”pienamente al programma del ”Tribuno” e ne salutava l’alba con tutto il cuore”.

Poi aggiunge: ”si dice che siamo rivoluzionari, li siamo; ma questa pa­rola rivoluzione significa semplicemente questo: che noi siamo profon­damente convinti che i borghesi (cioè il gruppo sociale dominante) non si adatteranno mai a concedere spontaneamente quelle riforme radicali che i tempi nostri, e per essi il proletariato, esigono. Per noi dunque la rivoluzione — lo s’intenda una volta — non è un ideale, non è cioè uno scopo che ci siamo a priori proposti di raggiungere, ma è soltanto una previsione, ecco tutto. Crediamo che avverrà. ”

Il giornale non ha vita lunga. Lo si rileva dal numero 7 del 29 ottobre 1882, dove si legge che ”Il Tribuno, che non avrà gran tempo di vive­re, vorrebbe che si ponesse presto ad effetto la progettata lapide al de­funto Generale Garibaldi, volendo avere la soddisfazione di trovarsi a fianco di vecchi commilitoni e di fare la conoscenza degli odierni am­miratori di Garibaldi”. Chi scrive è certamente il garibaldino Celso Ceretti. Il giornale scompare nello stesso 1882.

LA MOSCA

Nel 1888 appare a Mirandola un nuovo giornale, anch’esso assai battagliero. È ”La Mosca” un settimanale che porta un motto spiritoso ”Il Giornalismo è un male necessario”, una massima di Ruggero Borghi. Il primo gerente responsabile è Filippo Papotti, il redattore ca­po è Geminiano Molinari-Tosatti che si firma con lo pseudonimo di Ego. La redazione ha sede in vicolo Bonatti 70 e lo stampatore è Can­dido Grilli.

Il periodico è opera di studenti mirandolesi che, tra goliardia e umori­smo, punzecchiano un po’ tutti. ”La Mosca” finirà per polemizzare con i socialisti e con i borghesi, perfino con i sussiegosi liberal-cattolici dell’Indicatore.

Dicono i giovani un po’ scapigliati de ”La Mosca”: ”prevediamo che a molti saremo importuni, ma è l’insetto della stagione che ci protegge, importuno sì, ma pur sempre utile; l’insetto che più si scaccia più mo­lesta. Nome per molti strano ed anche sgradito e ciò non ci sconforta. L’importante è avere oneste intenzioni, cervelli sodi e intemerate co­scienze, con il desiderio di giovare agli altri e a noi medesimi con com­piacenza e diletto… con la speranza che negli scritti nostri si giudichino più che la lingua e lo stile, la mente e l’animo”.

Anche la nuova pubblicazione studentesca non ha la vita lunga. Nel numero 11 del 21 ottobre 1888 la direzione annuncia ai lettori che si dovranno chiudere i battenti. ”Ronzammo, molestamente pungem­mo”. Ma adesso bisogna smettere.

Tuttavia il 6 gennaio 1889 ”La Mosca” ricompare con una sorta di numero unico per salutare i suoi lettori e ”per celebrare l’anno che co­mincia”. Sarà questo il definitivo canto del cigno di questo esuberante giornale studentesco.

IL SOLE DELL’AVVENIRE

Il 7 settembre 1888 con il titolo ”Il Sole dell’Avvenire” vede la luce a Mirandola un nuovo periodico, certamente il più celebre assieme all’Indicatore, anche se di opposte tendenze.

Reca per motto una frase di Rousseau: “Maledetto sia colui che, per primo piantando un piuolo in terra e scavando una fossa, disse: questo è mio”. Questo motto è accompagnato sempre nella testata da una fra­se di Giuseppe Garibaldi tratta da una sua lettera scritta da Caprera il 22 settembre 1877 e indirizzata a Celso Ceretti: ”L’Internazionale è il sole dell’avvenire che abbaglia e che l’oscurantismo e il previligio vor­rebbero precipitare nelle tenebre”.    ”

Si pubblica in collaborazione con Finale Emilia, grosso centro di tradi­zione socialista, si stampa a Mirandola presso la tipografia di Candido Grilli. Gerenti responsabili sono Felice Augusto Wiser e Giovanni Vecchi. Capo redattore e animatore del periodico, che ha cadenza settimanale, è naturalmente Celso Ceretti, il prode garibaldino che è appe­na tornato dalla campagna di Serbia. Si firma con lo pseudonimo di Iter e il suo principale collaboratore è Emilio Zaccarini.

”Il Sole dell’Avvenire” è certamente uno dei primi giornali italiani di chiara ispirazione socialista e internazionalistica. Celso Ceretti è, dal canto suo, un gròsso personaggio nel mondo dell’anarchia e delle idee libertarie. È nato a Mirandola nel 1844, a quindici anni combatte già con Garibaldi, milita nelle file delle camicie rosse nel 1870 sui Vosgi, col grado di capitano, nel 1873 tenta di organizzare a Mirandola una grande assise dell’anarchismo italiano, con Bakunin, Andrea Costa, Cafiero e Malatesta, nel 1875 va a combattere in Bosnia e in Erzegovi­na per difendere la libertà di quei popoli contro i Turchi, diviene addi­rittura il comandante della Legione italiana in quel conflitto.

Quindi il programma del nuovo settimanale è tutto incentrato sulla di­fesa del lavoratore che, secondo Ceretti, ha diritto non solo al lavoro e ad un giusto salario, ma anche al sapere, all’istruzione, alla partecipa­zione diretta a tutti gli atti della vita sociale e politica.

”A parer nostro — scrive Iter, ovvero Ceretti — era sentito il bisogno, come si suol dire, di un giornale sinceramente socialista in tutta la pla­ga del Modenese e del Ferrarese per fare della propaganda socialistica con fede, con serietà e convinzione”.

Inviano fervide adesioni all’iniziativa mirandolese Andrea Costa, già deputato del Regno, Enrico Ferri, Pirro Aporti, Luigi Masini, Felice Cavallotti, Aurelio Saffi, Giovanni Bovio e vari altri uomini illustri e parlamentari, fra cui il deputato socialista-anarchico Amilcare Cipriani di Rimini, eletto alla Camera nel 1887 per toglierlo dalle patrie galere di Portolongone dove era rinchiuso. L’ex carcerato e ora onorevole il 2 settembre 1888 scrive a Ceretti ”augurando che il ”Sole dell’Avvenire” possa risplendere lungamente onde illuminare e spianare la via a tutti”. Collaborano al giornale, oltre a Celso Ceretti, anche il fratello Arturo, il leader socialista finalese Gregorio Agnini, e vari altri personaggi del­la Bassa modenese. Non si sa con esattezza quando abbia concluso la sua esistenza. L’ultimo numero reperibile risale al 9 marzo 1889, ma è chiaro che agli ultimi due o tre numeri Celso Ceretti non potè collaborare.

Infatti il 13 febbraio 1889 due anarchici fuorisciti a Parigi, Achille Vit­torio Pini e Luigi Parmeggiani, entrambi di Reggio Emilia, pugnalano Celso Ceretti all’incrocio fra via Fulvia e via Castelfidardo. Con un ‘Triangolo” da falegname gli squarciano il fondo schiena e il ventre. Celso Ceretti resta per qualche tempo in fin di vita e poi lentamente guarisce.

Ma il suo battagliero “Sole dell’Avvenire” non potrà dare alcun con­tributo di propaganda per le elezioni comunali che si tengono nel no­vembre dell’89.

Dopo soli sei mesi si conclude la breve avventura editoriale del vivacis­simo ”Sole dell’Avvenire”.

LA VOCE DEL POPOLO

Ma i socialisti mirandolesi, divenuti intanto molto numerosi, non vo­gliono rinunciare ad un loro giornale e nel giugno del 1895 vede la luce un nuovo foglio. Si tratta de ”La Voce del Popolo” il cui primo nu­mero porta la data del 23 giugno 1895. La direzione e l’amministrazio­ne hanno sede presso la tipografia di Candido Grilli (che ovviamente è anche lo stampatore) e il gerente responsabile è Felice Augusto Wiser. La direzione annuncia a grandi caratteri il suo programma con queste parole: ”La Voce del Popolo” sarà un giornale schiettamente sociali­sta, e di propaganda. Del Socialismo accettando i fini e i postulati, es­sa se ne farà banditrice”. Come già abbiamo avuto occasione di rileva­re in un’altra nostra opera (Mirandola: trenta secoli di cronaca”), questo settimanale era sorto per favorire la propaganda socialista in vista delle elezioni amministrative del 28 luglio 1895, e il giornale pubblica soltanto dodici numeri. Per questo motivo il ”Diritto Cattoli­co” di Modena tesse un ironico elogio funebre del foglio mirandolese. Ai primi di ottobre dello stesso anno non esce più. Oltre tutto le elezio­ni comunali sono andate nettamente a favore dei liberali, mentre quelle politiche dei mesi precedenti avevano visto il successo del socialista Gregorio Agnini sul liberale moderato mirandolese Giovanni Tabacchi. ”La Voce del Popolo” è l’ultimo giornale che si pubblichi a Mirandola nel secolo XIX.

Sono dunque questi giornali i coetanei de ”Al Barnardon”.

GIORNALI DEL ’900

A puro titolo d’informazione, possiamo aggiungere che nei primi anni del ’900 nella città di Mirandola escono vari altri giornali.

Dal 7 febbraio 1903 fino al gennaio del 1905 si pubblica a Mirandola ”La Parola Proletaria” di ispirazione socialista massimalista. Ne è direttore il prof. Ottavio Dinaie, detto anche il ”Diavolo Rosso .

Nel 1902 esce per vari anni ”Al Dasgation”, un periodico di ispirazio­ne socialista riformista, diretto dall’avv. Paolo Giglioli, in antitesi alla “Parola Proletaria”.

Il 18 luglio 1903 compare per la prima volta ”Il Socialista “il cui ulti­mo numero vedrà la luce il 21 gennaio 1905.

Infine, nel 1910, compare nelle edicole anche ”La Liberta che avrà brevissima durata.

Tratto da: “Nona i me car mirandules”

Autori: Vilmo Cappi e Giuseppe Moeselli.

Edizioni “Franco Bozzoli e Leonardo Artioli” 

Anno: 1978

Nona i me car mirandules

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *