Giovanni Pico – Dove venne sepolto?

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Giovanni Pico fu avvelenato, ma dove venne sepolto?

Insieme nella tomba

Il Mirandola ebbe una vera sepoltura sol­tanto nel 1542, quasi cinquant’anni dopo la morte, quando fu tumulato in un loculo della parete sinistra della chiesa di San Marco a Firenze, dove ancora si trova. Se ne occupò, con affetto fraterno, l’amico inconsolabile Girolamo Benivieni che, quando Pico morì, fu sul punto di suicidarsi e che volle essergli sepolto vicino. Sotto loro trovò poi posto anche Poliziano, che era morto, a quarant’anni, circa due mesi prima di Pico, lasciandolo in un dolore muto, ma straziante.

Per secoli sulla tomba di Pico e di Benivieni ci fu addirittura un epitaffio sbagliato. Era scritto che Pico non aveva ancora 33 anni, invece di 31, e che Beni­vieni era morto nel 1544, anziché nel 1542. Quello non era tempo di anagrafi.

L’epitaffio per Pico l’aveva dettato Ercole Strozzi, suo grande estimatore: “Joannes iacet bic Mirandula: caetera norunt et Tagus et Ganges, forsan et untipodes” (Qui giace Giovanni il Mirandola: chi è, lo sanno dal Tago al Gange e forse anche agli antipodi).

Nell’epitaffio del Benivieni si legge: “Hieronjmus Benivienus ne disiunctus post mortem locus ossa separet, quorum, animos in vita coniunxit amor. Hac humo supposita poni curavit” (Girolamo Benivieni volle essere sepolto qui perché un sepolcro separato non dividesse le ossa di coloro i cui animi in vita congiunse l’amore…).

E nella tomba del Poliziano è scritto: “Son qui le ritrovate ossa di Agnolo Ambrogini, detto il Polizia­no, che nei tre più divini linguaggi d’Europa fu maestro e poeta e volle risorta l’Atene di Pericle nella Firenze del suo Magnifico”.

Davanti a quelle tre tombe, quasi fosse l’appunta­mento di antichi amici, un bronzo ritrae il Savonarola incappucciato e corrugato, seduto su uno scranno fiorentino.

La fama di Pico suscitò interesse anche per il suo cadavere, specie per il suo cranio. Infatti, nel corso dei secoli furono eseguite varie ricognizioni. L’ultima, piuttosto strana, fu disposta nel 1939. Un certo Calo­gero, autore di un opuscolo, di cui non è nota la data di stampa, dal titolo “Della incorruzione dei cadave­ri”, scrisse addirittura che “due degnissimi padri di S. Marco” constatarono che Pico “era ancora in carne”. Quanto al cranio, lo scrittore Giovanni Papini otten­ne di farselo prestare per verificare se esso presenta­va delle anomalie che spiegassero la genialità del Nostro, proposito che ci dice quale fosse allora l’arre­tratezza degli studi in materia. Comunque, lo scrittore Piero Bargellini, suo amico, disse all’autore di questo libro che Papini non potè accertare nulla “perché an­che il cranio non era più compatto”.

A questo proposito, di tanto in tanto, i mirandolani chiedono a Firenze di riavere i resti del loro più celebre concittadino, come i ravennati – sia pure a minor titolo – chiesero inutilmente quelli di Dante. La richiesta è comprensibile, ma il rifiuto altrettanto pre­vedibile.

Mirandola, però, dimostra di saper celebra­re Pico in modi più proficui: dedicandogli grandi convegni internazionali, favorendo gli studi su di lui, tenendo vivo il suo ricordo tra la gente con iniziative dedicate al suo nome. Anche perché, nonostante ciò che sostenne quel certo Calogero, le ultime ricogni­zioni accertarono che i resti di Pico sono ormai con­fusi con quelli di Benivieni, e forse anche con quelli di Poliziano, tanto scompiglio è avvenuto nel tempo dietro quelle tre lapidi.

Insomma, si potrebbe dire, in latino, non est hic, non è più lì. È nel rinnovato interesse degli studiosi; è nel ricordo della sua personalità suggestiva; è nell’orgoglio dei suoi concittadini; è perfino nell’osti­nazione dei suoi detrattori che, se dopo cinquecento anni non fosse ancora ben vivo, se la prenderebbero con un’ombra.

Tratto da: Quei due Pico della Mirandola – Giovanni e Francesco

Autore: Jader Jacobelli

Edizioni Laterza

Cassa di Risparmio di Mirandola – Anno 1993

L’immagine si riferisce alle tombe di Giovanni Pico,Agnolo Ambrosini detto il “Poliziano”, Girolamo Benivieni e, quasi a guardia, la statua di fra Girolamo Savonarola.

 

 

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