Don Zeno e il cinema

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Il cinema all'aperto al Casinone

San Giacomo Roncole (Mo) 1938. Un'immafine del primo cinema all'aperto con il velario steso sopra gli spettatori per proteggerli dall'umidità delle serate estive.

Don Zeno e il cinema

Don Zeno Saltini è rimasto nella memoria collettiva della gente della Bassa modenese come il prete che accoglieva i bam­bini sventurati e faceva il cinema nel teatro del “casinone”, a San Giacomo Roncole di Mirandola, nella provincia di Modena.

Chiarisco subito che egli non faceva solo il cinema, ma era anche un uomo di cinema. Sono noti, per esempio, i suoi ten­tativi di creare una casa produttrice di film, una scuola di cine­matografìa e un’azienda per la produzione di attrezzature di pro­iezione. In più, pur essendo anzitutto prete, era anche uomo di spettacolo. Gli anziani di Nomadelfìa ricordano che era impa­reggiabile attore nel monologo dell’ubriaco di fronte al capitello della Madonna. Monologo del famoso attore dialettale mila­nese Edoardo Ferravilla ideatore della maschera meneghina del popolano Tecoppa. Probabilmente don Zeno ne aveva visto e udito un imitatore a Milano durante gli studi universitari. Non per niente, immediatamente dopo la celebrazione della prima messa, inizia a Fossoli e a Rovereto una sua originale azione pa­storale tra i fanciulli con un proiettore d’immagini e lo spetta­colo dei burattini ‘.

Durante gli anni Venti, Zeno Saltini capta una certa attenzio­ne degli uomini di chiesa al problema del cinema. Specie in am­bito lombardo è avvertita l’importanza del cinema come mezzo di elevazione culturale, morale e religiosa, proprio per l’attratti­va che esercita sulla popolazione. Alcuni preti ambrosiani af­frontano la questione anche con iniziative concrete.

Certo, la Chiesa con i suoi uomini non ha mai investito grandi capitali nella produzione di film a scopo di apostolato religioso, concen­trandosi soprattutto sui modi e sui luoghi dell’esercizio cinema­tografico, cercando di influenzare in senso morale la produzio­ne cinematografica, favorendo una lettura delle spettacolo cine­matografico teso a rilevare segni anche minimi di trascendenza o di valore religioso. Tuttavia appena la Chiesa acquista consa­pevolezza dell’importanza del cinema come mezzo d’informa­zione e di comunicazione sociale, come attraente mezzo di spettacolo, come incisivo strumento di formazione delle coscienze, crea un’organizzazione di attività, di luoghi, di punti e momen­ti di riflessione che denunciano l’interesse e gli approcci più va­ri a un fenomeno complesso e appassionante qual è quello del­lo spettacolo fìlmico 

1943 Beniamino Gigli con Don Zeno

Beniamino Gigli 1943 con Don Zeno

Don Zeno Saltini è stato un prete che ha avvertito l’importan­za del cinema come mezzo di promozione culturale e morale tra il popolo, a differenza non solo di molti uomini di chiesa, ma an­che di autorevoli esponenti della cultura e, sin dalla giovinezza, ha preso posizioni coraggiose e anticonformiste nei confronti del cinema .

Consapevole dell’importanza vitale del problema, egli affron­ta di petto la questione, non tanto dibattendola sul piano teori­co o morale, ma intraprendendo una serie di iniziative concrete, sia sul piano pastorale che sul piano organizzativo e produttivo. Come è del resto sua abitudine, data la sua indole antiintellet-tuale, volontaristica e portata ad agire.

Egli perciò decide le azioni più svariate: proietta i film non solo a San Giacomo Roncole, la parrocchia di cui è cappella­no, ma in una rete di alcune sale cinematografiche del territo­rio, addirittura anche fuori del territorio provinciale. Inizia pure una scuola di cinematografìa per la quale assolda due tec­nici di Cinecittà, alcuni validi operatori e nella quale inizia la sua carriera un artista di grande talento che si affermerà anche in campo internazionale: lo scenografo Koky Fregni . Si pro­pone addirittura la produzione e la manutenzione di proietto­ri cinematografici. Tutto questo, nonostante l’atteggiamento del mondo ecclesiale sia stato ambivalente nei confronti del ci­nema.

Se è stata avvertita dagli uomini di chiesa l’importanza del problema, più che altro sotto l’aspetto morale, è stata an­che dimostrata indifferenza o diffidenza. Forse perché, da par­te del mondo della cultura letteraria, non sono state poche le voci prestigiose che hanno espresso riserve, insofferenza, astio. Don Zeno, al contrario, sin dall’inizio degli anni Trenta del Novecento, utilizza in modo originale e coraggioso il film, quando si era ancora ben lontani dal parlare di pastorale massmediale e di cineforum.

Don Giacomo Alberone

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Nella Chiesa italiana degli anni Trenta c’è tuttavia Don Giaco­mo Alberione (1884 – 1971) che fa eccezione. E un prete forse unico del suo stampo che, in quanto a iniziative, non è da meno di don Zeno e le sue idee, i suoi progetti li realizza e li porta a compimento, quantunque non dimostri sempre buone doti di organizzatore. Del resto, preti di questo tipo non conseguono master in econo­mia e organizzazione aziendale. Don Alberione (1884-1971), piemontese, e don Zeno si conoscono, ma non hanno alcuna collaborazione per quanto riguarda la loro attività in campo cinematografico. Tanto per accennare a quello che fa, don Alberione intende i mezzi di comunicazione: stampa, cinema, radio, televi­sione ecc. come i mezzi più efficaci e rapidi per far conoscere la persona di Gesù Cristo; per diffondere il messaggio evangelico e farlo arrivare a tutti gli uomini, particolarmente ai più lontani dalla fede. Fonda allo scopo un insieme di istituzioni che com­pongono la “Famiglia Paolina”, ossia: cinque congregazioni di re­ligiosi e religiose (una maschile e quattro femminili); quattro isti­tuti secolari (uno per sacerdoti, uno per uomini, uno per donne, uno per sposi); una associazione di laici. Indubbiamente don Alberione possiede doti imprenditoriali: costruisce edifici e chiese monumentali ad Alba e a Roma, una cartiera per fornire la car­ta alle sue pubblicazioni periodiche, la più nota e diffusa delle quali è “Famiglia cristiana” fondata nel 1931.

Veniamo al cinema. Dopo intuizioni, discussioni e tentennamenti iniziali tra giovani sacerdoti della Società San Paolo, inco­raggiato da don Alberione, che ha già riflettuto sul problema, don Gregorio del Poggetto si lancia nell’impresa. Fonda anzitut­to la “Romana Editrice Film”, e decide la realizzazione del film “Abuna Messias” sulla figura del vescovo piemontese, missiona­rio cappuccino, Guglielmo Massaia evangelizzatore dei territori etiopici, creato cardinale da papa Leone XIII. La regia del film è affidata a Goffredo Alessandrini. Gli esterni sono girati in Etio­pia, con le facilitazioni offerte dall’amministrazione coloniale italiana dell’Africa Orientale. Gli interni sono girati negli stabi­limenti di Cinecittà in Roma con le agevolazioni del Governo fascista. Il film è presentato alla settima mostra cinematografica di Venezia e premiato con la coppa Mussolini. La pellicola ha successo, ma incontra critiche, specie da parte ecclesiastica, per­ché dà scarsa rilevanza all’aspetto missionario dell’azione del Massaia e mette in rilievo eccessivo l’aspetto filantropico e civi­lizzatore della sua azione. Naturalmente per compiacere e ricam­biare i favori ottenuti dalle autorità politiche . Il Regime stru­mentalizza la figura del missionario cappuccino cardinale Mas­saia, come esempio dell’incontro tra evangelizzazione ed espan­sione coloniale, mediante busti, nomi di vie, targhe e con la  pubblicazione di una corposa raccolta di lettere del Massaia cu­rata da Egilberto Martire esponente del cosiddetto “fascismo cattolico” . L’attività della Romana Editrice Film – in seguito Sanpaolofilm – prosegue con lavori di qualità modesta che ac­coppiano grande intenzione di bene a scarsa preparazione pro­fessionale. A parte questo, l’adozione del passo ridotto per le pellicole da diffondere, la costituzione di una capillare rete di distribuzione, particolarmente per le proiezioni nelle sale parroc­chiali, sono realizzazioni importanti, simili a quelle progettate da don Zeno e alle quali egli non arriva perché impegnato nel conseguimento di altri obiettivi e nella soluzione di altri proble­mi, oltre il cinema.

San Giacomo Roncole - Una delle prime immagini della proiezione del cinema all'aperto, dietro al casinone

don zeno

 Il cinematografo è un coefficiente misterioso per creare una mentalità generale. Deve essere non solo controllato, ma reso ancora più bello.

Centro vitale di tutto questo, la civiltà cristiana che a differenza delle altre non tramonterà mai sulla terra. Il mondo ha bisogno di esempi pratici. E noi dobbiamo fare la nostra parte.

Io metterei senz’altro i quattro altoparlanti sul campanile sia pure due in forma provvisoria. Vorrei far sentire senz’altro la forza e la magnificenza della iniziativa.

Nell’anima del popolo c’è una legge dominante che sembra una legge di chimica: o si hanno le parti tutte di una combinazione o questa non riesce.”

(Lettera a un ingegnere anonimo> 21 ottobre 1935)

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“E lì cominciò la faccenda del cinematografo.

Si faceva sempre ai ragazzi durante la buona stagione…

In quel cortile dove prima facevo i burattini.

Di giorno lo facevo ai ragazzi, dentro;

poi la sera lo facevo per tutti e veniva tanta gente.

E dico: “lo faccio il cinematografo e in qualche punto dello spettacolo, interrompo con il varietà: vi faccio un discorso!”.

Sicché comincio a fare questo discorso; le donne stavano tutte sedute quando cominciavo a parlare, gli uomini si alzavano e uscivano tutti, restava lì solo qualcuno. Quando avevo finito di parlare, tornavano.

E io avanti, avanti così fino verso l’autunno.

Una sera, mentre uscivano, ho capito che era già l’ora buona di cominciare a dire più chiare le cose e dico:

“Fermatevi, fermatevi un momento; “andev ed sover vueter?”

“Straripate, andate di sopra come un bicchiere troppo pieno dove non ci sta più acqua?”.

Si sono tutti fermati questi uomini.

“Ma sapete tante cose, siete così istruiti,

una intelligenza così piena: non ci sta più niente dentro?

Mettetevi a sedere e ascoltate, ce n’è del vuoto nella vostra testa!”.

Da quella sera non ho mai più visto nessuno uscire!

E così si cominciò a fare gli spettacoli,

sempre con un discorso che i mirandolesi chiamavano

“al discors general”, il discorso generale.”

(Racconto a Fina, 6 aprile 1964)

Tratto da due libri:
Don Zeno e il Cinema a San Giacomo Roncole

Autori: Remo Rinaldi – Umberto Casari

Edizioni Nomadelfia

Anno 2013

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Don Zeno 100 Anni – 1900 – 2000

Autori vari

Anno 2000

One Response to Don Zeno e il cinema

  1. Ubaldo Chiarotti says:

    A proposito di cinema, a Quarantoli in quegli anni anche Don Fedozzi aveva impiantato il cinema e pure al Teatro del Popolo era stato impiantato il cinema dal segretario socialista Dinali.

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