Dai ricordi della Signora Maria Traldi – …1940…Arriva la guerra.

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….1940…….

ARRIVA LA GUERRA

Mio fratello Amelio lavorava in Germania con altri di San Martino. Andavano a fare la raccolta delle barbabietole per due mesi quando ancora eravamo in tempo di pace.

Quell’anno scoppiò la guerra e dovettero rientrare tutti.

Amelio arrivò a casa una sera tardi e in pochi minuti arrivarono i fascisti, che lo fecero ripartire il giorno dopo e lo mandarono in Sicilia a fare la guardia costiera.

Allo sbarco degli alleati fu portato all’isola di Malta e lì restò fino alla fine del conflitto.

Ezio fu inviato alla divisione “Monte Rosa” in Liguria assieme ad altri del paese, mente Tancredo rimase a casa a lavorare per i tedeschi, che costruivano trincee per ripararsi da eventuali attacchi nemici. I soldati tedeschi, alleati di Mussolini, invasa l’Italia vivevano nelle nostre famiglie. Mangiavano e dormivano da noi come i padroni di casa. Non tutti erano cattivi, erano anche loro soldati costretti ad ubbidire come i nostri.

Quattro anni durò la guerra, non potete immaginare come fosse vivere sole. Eravamo rimaste in cinque donne compresa la mia adorata nipote Vittorina, che conobbe il padre solo all’età di quattro anni.

Quando ritornò, per lei era come un estraneo. Ci volle del tempo perché si abituasse a chiamarlo “papà”.

Lungo il viale che portava al palazzo di Porto Vecchio c’erano dei platani, alberi secolari enormi con delle foglie larghe, sotto i quali i tedeschi nascondevano camion pieni di munizioni, perché non fossero visti dall’alto.

Un giorno arrivarono dei caccia americani e mitragliarono tutti quei camion.

La gente che andava a lavorare nei campi dovette ripararsi nei fossi per non essere colpita.

Quel giorno mia cugina Ivana e sua zia Rina tornarono dai campi per vedere cosa era successo in paese. Lungo il tragitto, in mezzo alla campagna, si imbatterono in uno spettacolo terrificante: un ragazzo che si chiamava Orlando, ferito e agonizzante, disse loro: “Mi sono salvato dalla campagna di Russia per venire a morire al mio paese come un cane…”.

Un po’ più in là c’era un altro a terra colpito a morte. Era Nelson che abitava in ‘Babilonia’, aveva la nostra età ed eravamo amici. Ivana stette molto male per parecchio tempo.

Arrivata la primavera si sbloccò Cassino e ci fu la ritirata da parte dei tedeschi.

In quei giorni per ritorsione fucilarono tre ragazzi del paese davanti al cimitero. Sapete cosa dissero i tedeschi? “Non è colpa nostra, sono stati i vostri italiani a volerli morti!”…

Gli invasori in ritirata si portarono lungo il Po, ma i ponti erano stati bombardati. Tutto quello che stava a galla lo mettevano in acqua, ma dovevano comunque lasciare a terra tanto di quello che avevano razziato.

Molti italiani da poveri che erano diventarono ricchi grazie ai soldi e ai gioielli trovati sulle rive del Po.

Mi ricordo l’arrivo degli alleati. Gli uomini di casa erano tutti uniti nella stalla perché sopra c’era il fienile, considerato il nascondiglio più sicuro.

Quando aprimmo la porta ci trovammo davanti i soldati americani, che ci fecero uscire e ci dissero di non avere più paura perché erano venuti a liberarci.

La guerra finì e piano piano si ritornò alla normalità.

Ricordo che il mio primo cappotto fu ricavato da una coperta che ci regalò un americano al quale noi lavammo la biancheria per quei pochi giorni che rimase in paese.

Tratto da: Quaderni di San Martino Spino

Autore: Maria Traldi

Anno: 2008

Illustrazione di Francesca Cavani

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