Anni 50 – Scuole elementari – Le classi femminili

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1957 Scuole elementari Mirandola

1957 Scuole elementari

Nella scuola sono presenti 2 classi prime, 3 classi seconde, 2 classi terze, 3 quarte e 3 quinte. Le classi sono costituite da circa 25 alunne e omogenee per età; le età variano soprattutto nelle classi terze e quarte. In totale ci sono circa 320 alunne. Molto alta è la percentuale delle promosse.

Sui registri dell’epoca le maestre scrivono:

“Il dettato non si dovrebbe fare, ma io, maestra che si trascina dietro nel proprio insegna­mento qualche cosa di sorpassato, lo faccio lo stesso in collaborazione con le mie alunne. Infatti annuncio prima l’argomento di esso, cerco di scoprire fin dove giungono le possi­bilità linguistiche delle bimbe, aggiungo parole nuove e insieme scriviamo…

Che dire delle mie scolarette? Dovrei ripetermi o dovrei poter trascrivere in que­sta cronaca buona parte dei lavori che le alunne eseguono. Posso aggiungere che sta avve­nendo una gara fra le alunne e fra le famiglie: le alunne cercano di superarsi l’una con l’altra e le famiglie sinteressano enormemente dei progressi delle loro figlie spronandole, aiutandole, pretendendo da esse ciò che io non pretenderei mai: che siano “perfette”. E per questo mi trovo costretta a dire alle mamme che le loro figlie fanno anche troppo, al­trimenti finiranno per essere ossessionate loro e per ossessionare le bimbe. Figurarsi che ho parecchie alunne che non vogliono ammalarsi altrimenti sarebbero costrette a rimanere assenti e “resterebbero indietro…

“In complesso la scolaresca ha un contegno educato. Sono contenta anche delle loro famiglie che collaborano con me, forse anche per una certa invidiuzza, che hanno fra loro per fare emergere e stimolare le figlie. Nessuna lamentela finora cè stata, anzi penso non abbiano nulla da rimproverarmi…

Anche nelle classi femminili sono presenti alunne in difficoltà:

“Come avevo preveduto la scolara non dà alcun profitto…durante il lavoro scolastico scrive una riga e poi si addormenta. Ho invitato ì genitori a presentarsi e così so che è sempre stata malata ed ancora oggi non può applicarsi regolarmente perché bisognosa di cure e di riposo. Perciò la famiglia, consigliata dal medico, tratterrà a casa la scolarina e provvederà personalmente all’istruzione della figlia”

“L’alunna non segue affatto le lezioni. Dirò che la sua intelli­genza non è atta allo studio: essa è figlia di un alcolizzato ubriacone, la madre la trascura e così cresce in un ambiente pessimo. Già le altre due sorelle sono state indiriz­zate, nello scorso anno, alla scuola differenziale e ora sono entrambe ritirate in un istituto minorile. Consiglio perciò la Sig. Inseg. delle alunne della scuola differenziale di prendersi anche questa alunna… La Sig. Inseg. ha già ricevuto da una quindicina di giorni la scola­retta; l’ha esaminata attentamente e s’è predisposta in mille modi per scuoterla, ma senza riuscire a farle comprendere nulla… ”.

“… l’alunna sta facendo miracoli, ha abbandonato la sua lentezza e la sua nenia .. .sembra si sia sve­gliata dal torpore!”.

A fine anno una maestra annota:

“…ho distribuito le pagelle. Ho assegnato parecchie insufficienze. La mia non è una clas­se di scolare molto curate a casa. Ad ogni modo qualche buon elemento c’è, ma la maggior parte non rende in ragione del lavoro che io faccio. Io, purtroppo, noto anche che di anno in anno i ragazzi si applicano sempre meno; credo dipenda dal sistema di educazione troppo accomodatorio: i ragazzi oggigiorno sono troppo accontentati nei loro capricci e questo va a scapito dell’educazione al senso del dovere e del sacrificio… .

Nel 1960 la televisione propone il primo esperimento di “formazione a di­stanza” con il programma “Non è mai troppo tardi. Corso di istruzione popolare per il recupero dell’alunno analfabeta’ , che contribuisce notevolmente alla dimi­nuzione degli analfabeti in Italia. Dal 1961 al 1971 la percentuale degli analfabeti in Italia passa così dall’8,3% al 5,2%.

Alberto Manzi durante la trasmissione "Non è mai troppo tardi".

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Nel 1962 viene istituita la Scuola Media unificata, che permette l’accesso a tutte le scuole superiori. Permane l’ambiguità dell’insegnamento della lingua latina che diventa materia facoltativa nell ultimo anno, ma necessaria per l’accesso al Li­ceo. Vengono introdotte in Italia le classi miste maschili e femminili.

A Mirandola nella Scuola di Via Circonvallazione il seminterrato dell’ala est, in cui in tempi lontani un maestro aveva allevato dei bachi da seta, nutriti con le foglie dei gelsi del giardino, diventa sede dell’Istituto Professionale, i cui manufatti sono tuttora presenti nella Biblioteca della scuola.

Dai ricordi di un alunno, Ivo Remondi

“I pavimenti della scuola erano neri, lucidati e disinfettati con nafta e creolina, scivolosi e l’odore acre e sgradevole si percepiva chiaramente. Non si entrava in classe senza i maestri, si doveva rimanere in corridoio in fila per due affiancati al compagno di banco e questo accadeva anche al rientro dalla ricreazione. Capitava spesso che, nell’attesa, al passaggio delle femminucce qualcuno intralciasse la loro corsa facendo scivolare la cartella sul pavimento e le malcapitate inciampavano rovinosamente. Una volta, quell’unica vol­ta, anch’io lanciai la mia cartella e una ragazza inciampò. Ahimè fui sospeso!”.

Alla scuola si accede tramite le due scale centrali e, vicino al portone di entrata, si impone il nero busto di Dante Alighieri, tuttora presente nell’Ufficio di Direzione. Le classi, solo femminili e maschili, sono costituite da 22/23 alunni. Nell’ala ovest sono collocate le classi differenziali.

1957-Scuole elementari-cl.III F.A-gent.conc.Maurella Malaguti.

1957 Scuole elementari cl.III F.A gent.conc.Maurella Malaguti

Gli alunni devono sostenere un esame in seconda e in quinta elementare. Alla fine della classe 5a è consegnato agli alunni un libretto scolastico contenente il “profilo della personalità dell’alunno con riferimento alla preparazione raggiunta ed alle attitudini rivelate al termine degli studi elementari”, che viene ulteriormente compi­lato dai docenti della scuola media.

In quegli anni la tradizionale penna con il pennino da intingere nell’inchiostro viene via via sostituita dalla penna stilografica o da quella a sfera.

Silvia Golinelli ricorda: “Non sono mai stata una bambina ordinata, come del resto non sono diventata un’adulta ordinata, così, in la elementare, da subito, ho vissuto un rapporto non idilliaco con il mio primo quaderno, con le aste, con “la bella calligra­fia”, ma soprattutto ho odiato la cannula col pennino (anche perché forse ero mancina, però allora la scuola non ti permetteva di esserlo).

Tutti i banchi dell’aula erano muniti di un calamaio a bocca rotonda, di vetro spesso, che la bidella provvedeva regolarmente a riempire di inchiostro nero e denso.

A casa mia vigeva la consuetudine del riciclaggio per cui ho ereditato il vecchio astuccio in legno tutto macchiato di mia mamma Rina e una cannula di un colore ver­dastro, ricoperta di scritte pubblicitarie, di cui mi vergognavo. Il nettapenne, invece, mi piaceva: era in tessuto scozzese, probabilmente ricavato da una gonna passata di moda. L’unica attrezzatura nuova che mi comprarono furono alcuni pennini, ma di quelli sem­plici a punta, con un solo buco di forma allungata.

Ricordo che invidiavo molto le penne colorate delle mie compagne e soprattutto i loro pennini di vari formati (a “torre Eiffel”, a manina, con tre buchi, con due buchi…). La carta assorbente, altro accessorio indispensabile, fu recuperata da un quaderno sulle città d’Italia, di cui costituiva il frontespizio. Nell’ultima pagina del quaderno ce n’era un’altra con sopra la tavola pitagorica, ma poteva essere utile in futuro, quindi non era il caso di macchiarla!

La maestra insegnò a tutte noi bambine come intingere il pennino nel calama­io, evitando l’eccesso di inchiostro che avrebbe provocato macchie. Ci decantò, poi, le potenzialità meravigliose del pennino che, grazie alla sua punta flessibile, consentiva di scrivere in modo molto armonico, in un corsivo deliziosamente inclinato verso destra con spessori del tratto diversi secondo il tipo di pressione esercitata.

Io probabilmente non possedevo la manualità giusta per effettuare tutte queste operazioni per cui la mia calligrafia era pessima, con zone di inchiostro discontinue, macchie a non finire sul quaderno e buchi, tanti buchi, alcuni dei quali erano causati dall’uso improprio di una gomma per macchina da scrivere, preventivamente umettata di saliva, che papà mi aveva comprato perché io potessi correggere gli errori…

Macchiavo spesso anche il grembialino, che purtroppo era bianco, con un enor­me fiocco rosa, così la nonna Olga (che mi aveva svelato il rito dell’inumidire il pennino per scrivere meglio e che notava che i risultati erano scarsi) lo immergeva subito, quando tornavo a casa, nel paiolo della “furnaséla” accesa, colmo di acqua bollente e lo rimestava con un lungo bastone di legno chiaro. Se la macchia era ancora “fresca”, la cospargeva, invece, di borotalco, la lasciava seccare e poi la spazzolava con energia, ripetendo l’ope­razione fino ad ottenere un risultato soddisfacente.

Nello stesso paiolo finivano anche i calzini bianchi anneriti dal micidiale pavi­mento catramato dell’aula.

Fortunatamente non solo io in classe vivevo tali piccoli drammi quotidiani, così la mia maestra sì arrese all’evidenza e non tentò nemmeno la strada alternativa della penna stilografica, ma generosamente concesse a noi scolare di usare la penna biro. Il mio meraviglioso papà mi regalò subito la sua bellissima penna da taschino, bordeaux con rifiniture dorate, e io da allora ho sempre avuto un buon rapporto con la scrittura.

Però, ripensandoci, quando i calamai sono stati tolti dai banchi, quel buco vuoto molto evidente mi ha dato il senso della perdita di una opportunità non pienamente sfruttata …e di riti di scrittura veramente validi, ma malamente utilizzati forse perché ero troppo pic­cola … Solo quando ho scelto, in determinate occasioni, di scrivere con la penna stilografica, ho rivissuto la gratificante esperienza della bella calligrafia e un po’, ma solo un po’, perché io continuo ad essere disordinata, ho rimpianto l’epoca di inchiostro, penna e calamaio”.

Scuola

Tratto da: C’era una volta la nostra scuola…..150 anni di Scuola Elementare a Mirandola vissuti attraverso la lettura dei registri di classe.

Autori-Gruppi di lavoro: Bosi Nazzarena, Golinelli Silvia, Malaguti Marcella, Volponi Angela.

Con la collaboriazione dei docenti del gruppo per il Centenario della scuola: Anderlini Lorena, Bigi Stefania, Brunelli Cecilia, Dotti Milo, Oliva Anna Signori Laura.

Anno: 2011

Edizioni Al Barnardon

Costo Euro 13,00

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