Al “Paradòr”

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Al Paradòr

La traduzione letterale “paratore” non dice nulla ed è opportuno sostituirla, quindi, con una spiegazione del termine.

“Al paradór” è colui che cura gli spostamenti dei bovini e degli equini all’interno dei mercati del bestia­me. Potrebbe essere considerato una sorta di “cow boy” nostrano. La voce deriva dal verbo “parèr (sò)”, sospingere.

In genere, si trattava di persone molto semplici, talvolta persino con qualche ritardo mentale, che non possedevano nessuna abilità lavorativa particolare e che si rendevano disponibili per questo tipo di lavo­ro piuttosto elementare.

I “paratori”, in cam­bio di una piccola somma, cui poteva aggiun­gersi anche un pasto completo nel caso il tra­gitto fosse particolarmente lungo, accompa­gnavano da un luogo all’altro i capi di bestia­me venduti al mercato. Essi guidavano a piedi, muniti di un semplice bastone, le mucche fino al luogo prestabilito. Il loro numero variava in relazione alla consistenza della mandria da condurre, in genere una persona ogni cinque capi. Nel loro viaggio, raramente, si servivano delle osterie, perché il guadagno era magro e spendere era fuori dalle loro possibilità.

In realtà, il “paradór”, più che un mestiere vero e proprio, era un’occupazione occasionale per coloro che erano disoccupati e che versavano in condizioni economiche disperate, ai limiti della sopravvivenza.

Solo alcuni, che potrem­mo definire “capi squadra”, svolgevano il lavoro in maniera stabile; questi si occupava­no prevalentemente di trasporti di grande importanza e su lunghi percorsi (ad esempio, il trasferimento di un cospicuo numero di ani­mali da Modena al mercato di Verona). Si recavano nelle osterie o nei ritrovi abituali dei disoccupati e qui assoldavano il gruppo di “cow-boy” necessari alla bisogna. La paga era magra, ma il vitto era assicurato e, per molti, questa era già una promessa più che attraente. Nel viaggio, si abbeveravano alle pubbliche fontane, mangiavano pane e formaggio, dor­mivano a turno lungo i fossi o chiedevano ospitalità presso i fienili di qualche casolare di campagna. Il loro corredo da viaggio era semplice e modesto: una sacca per il cibo, l’om­brello e il bastone per aiutarsi nella lunga camminata.

Tratto da : Proverbi & Tradizioni Modenesi 

Autore: Sandro Bellei ed Ermanno Rovatti

One Response to Al “Paradòr”

  1. Guido Spinelli says:

    Il bastone che il paratore aveva in dotazione non serviva per aiuto nelle lunghe camminate, come scriveva Bellei in.majuera vaga, ma era lo strumento necessario per “parare” i bovini, al besti , come si diceva, per indurre a spostarsi e, soprattutto, a salire e scendere dai camion che li trasportavano ai mercati. Modena è stata per decenni sede del più grosso mercato bestiame d’Europa e ogni lunedì vi si concentravano centinaia di capi che, fra le 7 e le 11 del mattino, venivano venduti a commercianti e macellai provenienti da varie regioni.
    Era allora un continuo batti e ribatti sui posteriori o sulle schiene dei bovini per ottenere che si spostassero, andassero alle pese, salissero sui camion dei compratori.
    Erano generalmente colpi dati senza violenza e subìti dai bovini con dignitosa rassegnazione, salvo nei casi di ribellioni violente e allora erano bastonate anche in testa, sulle corna. Ma erano casi rari.

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