1973 – Scenario in perenne movimento

Commenti disabilitati su 1973 – Scenario in perenne movimento Storia dei presidi chirurgici Mirandolesi

Non ho ancora accennato all’elemento che accomunava tutti i produttori di materiale monouso per dialisi: una sola società aveva , almeno in Europa, il monopolio della membrana adibita alla filtrazione ed eliminazione di acqua e cataboliti dal corpo di pazienti i cui reni ormai non funzionavano più. Il materiale della membrana, il cuprophan,  era un derivato del cellophane e tutti noi ce ne approvvigionavamo in Germania presso il produttore [1]( che andava sostenendo di mantenere la produzione in atto per soli scopi umanitari) e lo montavamo in contenitori che in pochi anni sarebbero diventati sempre più sofisticati, dalle piastre e i rotoli delle origini allo stato dell’arte che sarebbe divenuto lo standard, cioè il fascio di fibre capillari .

Gli anni successivi avrebbero anche visto innumerevoli tentativi di introduzione di membrane alternative nonché di tecniche alternative alla emodialisi tradizionale.

In Bellco la inquietudine serpeggiava, ed erano abbastanza visibili  la insoddisfazione di Veronesi nei confronti di Gianni Bellini  per quanto riguardava la costruzione di una robusta organizzazione commerciale internazionale (con poche eccezioni, come per es. la mia area, e la Francia e la Germania dove erano nate delle mini “filiali”  ) e la reciproca insoddisfazione di Gianni Bellini, che da sempre sognava di diventare il Veronesi numero due, edificando la propria ditta.

Tutto ciò doveva portare al divorzio e all’uscita di quest’ultimo nel 1977 dalla Bellco.

Altro elemento che caratterizzava questo periodo: sempre più alcuni medici creativi si candidavano a giocare un ruolo più attivo nel mondo industriale, e non quello di un semplice consigliere con cui chiacchierare durante i congressi. Due in particolare, i già menzionati dottori Petrella e Orlandini, sarebbero diventati in un futuro vicinissimo diretti collaboratori della Bellco.

Ciò recava sicuri vantaggi, ma anche qualche inconveniente , come per esempio costringere la ditta ad abbandonare un filone “di buon senso” centrale , cioè la produzione di devices  accettati dalla maggior parte degli ospedali, per seguire  teorie innovatrici spesso non adeguatamente testate e potenziali fonti di guasti finanziari e dell’immagine aziendale.

Bellco cavalcò entrambe le possibilità con prudenza e ,tutto sommato, non ne uscì con le ossa rotte, anche se nella continua evoluzione della membrana filtrante perse l’ultimo treno, e cioè quello delle fibre capillari, che dovevano diventare il “Golden Standard” della dialisi, e questo perché la “cabina di regia medica” non credeva in questa ennesima novità.

 

oxybel

Gianni Bellini-International Mktg.Manager

Gianni Bellini-International Mktg.Manager

Romano Flandoli-Progect Manager

Romano Flandoli-Progect Manager

Alessandro Calari-Monitoring Production Manager

Alessandro Calari-Monitoring Production Manager

Libero Luppi-Research e Development Manager

Libero Luppi-Research e Development Manager

Avevamo agganciato un produttore giapponese di questi innovativi emodializzatori, la Asahi Medical, che si dimostrò subito disponibile a farci commercializzare i suoi prodotti in area europea.

Come spiegherò più avanti, io cominciai pure una prima promozione in Ungheria e Jugoslavia ,aiutato dal valido Stefano Bellini, ma mancò una vera volontà aziendale di seguire questo percorso, e il destino volle che a Mirandola, che era stata la culla della dialisi europea, non si producesse per un lunghissimo periodo un filtro capillare per dialisi.

Flandoli e Calari erano spesso e volentieri in contrasto: Calari era un nemico giurato dell’elettronica che cominciava a pervadere tutti i settori  e per “merito “ suo passò molto tempo prima che si potesse inserire un microprocessore in una macchina per dialisi Bellco.

Veronesi non aveva dimenticato la cardiochirurgia e tesaurizzando sulla esperienza Bentley affidò a Libero Luppi il compito di sviluppare un nuovo ossigenatore, oberando una persona che già scricchiolava sotto il peso dei numerosi progetti in cantiere.

Come abbiamo visto in precedenza, la Bellco era comunque un catalizzatore di pressoché tutto quanto succedeva sulla scena degli organi artificiali, data la sua esposizione internazionale.

L’inesauribile Prof. Sprovieri, dati anche gli innumerevoli contatti che lui teneva negli USA, ci segnalò un’altra grande opportunità, che  Veronesi avrebbe sfruttato in seguito, prima come Bellco  e poi fondando una ditta ad hoc sempre a Mirandola, la Dideco.

C’era una ditta americana ,specializzata nelle apparecchiature per la deglicerolizzazione del sangue congelato e conservato, la Haemonetics, che cercava un distributore europeo, e lui , il marriage maker, aveva subito pensato a noi,e il ferro fu battuto bello caldo, anzi rovente, prima che gli Americani potessero rendersi conto del rischio enorme di regalarci una intera , nuova, smagliante linea di idee e prodotti.

Si, perché Haemonetics significava apparecchiature e prodotti monouso per banche del sangue, con tutto quello che ne conseguiva in termini di donazione di componenti ematici, e anche un aggiuntivo loro utilizzo  terapeutico (qui l’interesse era altissimo anche per i nefrologi).

E non era finita lì: il device da loro utilizzato, una campana monouso per centrifugare i componenti ematici e separarli, poteva essere utilizzata per realizzare il vecchio sogno di Bentley[2], e di tutti gli anestesisti e chirurghi cardiaci e ortopedici, e cioè per recuperare i globuli rossi dal campo operatorio durante operazioni chirurgiche con pesanti emorragie (la Autotrasfusione Intraoperatoria)..

Il cavallo di Troia fu il  primo distributore italiano di Haemonetics, la Iamco Sud di Roma, con a capo il dott. Cerrito. Da lì vennero incanalate preziose informazioni e la stessa Haemonetics per un certo periodo ci concesse la distribuzione esclusiva nell’Est Europa, che però durò pochissimo:

la Haemonetics si accorse  troppo tardi di essere caduta nelle fauci del leone , corse ai ripari e passò la commercializzazione europea ai tedeschi della Fresenius (che ritroveremo più tardi), ma intanto la frittata era stata fatta. Flandoli e Calari coi componenti del rene artificiale misero insieme la prima centrifuga per la separazione dei componenti ematici, e da qui passarono alla produzione della prima macchina per Autotrasfusione (ATS).Tumultuoso vero, ma così si lavorava allora: io bombardai prima tutti i centri potenzialmente interessati nella mia vasta area con materiale informativo Haemonetics, per poi passare alla promozione dei nostri prodotti. Fra l’altro ne ricavavo un incrementato prestigio  per la Bellco ,aumentato dal nostro allargamento a settori medici “imparentati”.

Il Prof. Sprovieri si prestò persino a venire con me per arrangiare dimostrazioni di queste nuove tecniche in Jugoslavia ed in Ungheria. Ne ricavammo soddisfazioni notevoli, alle quali si aggiunse un grande exploit che conducemmo in Polonia, dove il primario dell’Istituto di Ematologia, nonché coordinatore delle banche sangue polacche, nonché consulente del ministero, il Prof. Janus Daszinski  ci sostenne nel programma di introduzione delle nostre centrifughe in tutti i centri polacchi più importanti.

In Jugoslavia fummo fortunati solo in parte, perché l’evangelizzazione e la fornitura di equivalenti macchine Haemonetics fu fatta dalla Fresenius ,( già presente nel paese con molti altri prodotti), anche se in definitiva  anche da ciò traemmo in seguito vantaggi pratici, perché cominciammo subito a vendere i nostri monouso per le macchine fornite da Fresenius, al dott. Lukic a Ljubljana, e poi a Zagabria, Banja Luka, e Belgrado.

Non tutti i giorni il successo ci arrideva: ricordo che alla Banca del Sangue di Osijek in Croazia la responsabile, ovviamente immanicata con laFresenius, ci accolse in malo modo e cercò di ostacolarci. Riuscimmo solo per la presenza prestigiosa dello Sprovieri a convincerla a farci provare i l nostro monouso sulla sua fiammante Haemonetics, ma la cattiva sorte fece sì che la nostra campana scoppiasse dopo poco, con un notevole “spargimento di sangue”, e la sequenza fu : fallimento tecnico- ira della dottoressa- bussano alla porta- chi entra? Skoberne, il rappresentante sloveno della Fresenius, insieme al responsabile , Mr Cremerius, venuto direttamente da Francoforte, per confortare la dottoressa – nostra fuga precipitosa.

[1] La Enka-Glanzstoff AG di Wueppertal

[2] Bentley aveva messo a punto un set per autotrasfusione, che però  si dimostrò pericoloso per la sicurezza e la sopravvivenza del paziente:il progetto fu abbandonato.

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