1973 – Polonia.. in marcia

Commenti disabilitati su 1973 – Polonia.. in marcia Storia dei presidi chirurgici Mirandolesi

Come anticipato, il 1973 continuò a vedermi molto attivo anche in Polonia.

Questo paese aveva una struttura ospedaliera di stile orwelliano (come tutti i paesi oltrecortina, del resto), cioè chi era più uguale degli altri aveva diritto ad una assistenza sanitaria separata; così era per la polizia, i membri del partito , i minatori, i ferrovieri, i militari (forse ho dimenticato qualcuno).

Dott.Twardowski

Dott.Twardowski

Per ingiusto che fosse tutto ciò, era logico perciò iniziare l’introduzione di tecniche ospedaliere innovative e costose a partire da strutture previlegiate.

Lo stato metteva a disposizione delle società straniere ditte incaricate della loro rappresentanza. Presso una di queste- la soc. Unitex- avevo conosciuto il Sig. Adamczyk ,  ero ancora targato Dasco a quel tempo, e lui mi era stato estremamente utile per conoscere le potenzialità del territorio, i personaggi più importanti , gli importatori, i funzionari ministeriali, ecc.D’altra parte Adamczyk era troppo impegnato con il suo primo datore di lavoro (la Sandoz) per dedicare sufficiente energia al decollo di Bellco. Perciò lo avevo lasciato (a lui restava in teoria ancora la possibilità di curare gli affari della Dasco) e sempre dalla Unitex mi ero visto affibbiare un personaggio veramente singolare, il Sig. Taddeo Gomulka (voleva essere chiamato “Mr G” , dato che il suo cognome pare non fosse molto apprezzato, anche se non c’era ombra di parentela con l’epurato riformatore).

Signore di mezza età, buon inglese, bravo nel relazionare le figure mediche e amministrative più svariate, fu con noi per un discreto numero di anni fino a che la sua inquietudine non lo convinse a trasmigrare.

L’inquietudine era la caratteristica che accomunava tutto il ceto medio , medico, amministrativo, polacco, unita ad un romanticismo di fondo , che penso fosse una nota dominante del carattere nazionale.

Tutti si sbracciavano a dimostrare di essere visceralmente anticomunisti e nella situazione nazionale sempre fluida, incerta e priva di prospettive future erano sempre pronti a mollare tutto e intrupparsi nella diaspora polacca:  per una futura vita migliore gli USA restavano il faro della loro speranza, al quale si unì poi quello ancora più potente del papa polacco a Roma.

Il paese godeva comunque di una serie di vantaggi, se confrontato con altri di più dura disciplina, e questo si rifletteva anche nelle nostre opportunità commerciali; infatti, aldilà delle categorie privilegiate sopramenzionate,  una migliore assistenza sanitaria era alla testa delle rivendicazioni popolari e il quadro di riferimento era la modernizzazione degli ospedali.

All’ ospedale dei ferrovieri di Varsavia collocammo la prima macchina per dialisi Bellco, sponsorizzati dalla responsabile della nefrologia, la Dott.ssa Radwanowska-Dowzenko, una matura signora che vedeva in noi, nella dialisi, in una ditta italiana, il ritorno del mitico “occidente”.

Mr G fu abile a capire che per sfondare in Polonia, dati gli ambiziosi progetti del loro Ministero della Sanità e della locale industria farmaceutica e elettromedicale, bisognava da un lato farsi conoscere capillarmente negli ospedali, ma anche aprire una trattativa per la cessione di know-how, la vendita di una licenza , o qualcosa del genere, pur di arrivare ad assemblare in particolare i nostri prodotti monouso in Polonia.

Dello stesso avviso era il Sig. Mikolajczak, volitivo direttore dell’ente statale incaricato delle importazioni di prodotti ospedalieri, la Varimex, presso la quale si accalcavano tutti i funzionari delle ditte straniere, per strappare ordini.

In Varimex si veniva introdotti in un fumoso stanzone al primo piano chiamato “Protocollo” dove la negoziazione avveniva attorno ad un tavolo, il funzionario straniero e il suo rappresentante da un lato  e dall’altro una o due scafate negoziatrici , che ironizzando sul capitalismo ti pelavano vivo con tutte le loro richieste di sconti , di assistenza tecnica postvendita gratuita, certificati e altre amenità simili. Sul tavolo ,sempre presente, un bicchierone fumante di caffè a lentissima degustazione, per coprire tutto il tempo della negoziazione.

Con quale intima soddisfazione si entrava in possesso di un sudato contratto, battuto su sottilissimi fogli di  carta giallina, ansiosi di farlo avere in ditta il più presto possibile, insieme a nuove richieste di offerte, da rispedire prontamente.

A Varsavia seguiva un’altra visita d’obbligo, quella alla Cezal, l’ente preposto alla distribuzione fisica dei prodotti agli ospedali.

E certo non ultimi i clienti, reali e potenziali. La Polonia è costellata di grandi città. C’erano da visitare grandi istituzioni ospedaliere. Nessuna poteva essere snobbata, pena il trovarsi un nemico tra i piedi. Certo, Mr G viaggiava di continuo, ma la mia presenza (io ero in Polonia ogni trimestre per almeno una decina di giorni, fiere e congressi esclusi) era indispensabile per suggellare una relazione e dare maggiori assicurazioni e certezze anche sul piano tecnico: Mr G era infatti certamente di formazione tecnica, e stava ricevendo da noi un training completo sui prodotti,  ma spesso aveva la tendenza “romantica” ad infiorettare i suoi racconti con una pericolosa fantasia.

Oltre a contare su un paio di amici fidati a Varsavia, anche a  Cracovia  il Prof. Hanicki, dopo i primi tentennamenti tecnici, di cui abbiamo già parlato, era divenuto un nostro sicuro alleato.

Non trascurammo i contatti con tutti gli altri centri importanti, a Katowice e dintorni, a Danzica,

Anche Lublino rivestì per noi una importanza particolare, carica di alterni significati: trovammo lì sin dalla prima visita un primario molto intelligente e creativo, il dott. Twardowski, che in prima assoluta mondiale aveva messo a punto un innovativo catetere per dialisi peritoneale. Questo catetere avrebbe permesso in futuro di affrontare la dialisi peritoneale (vista sempre come la parente povera della emodialisi, per i suoi rischi e complicanze) in un modo migliore. Il medico ci offriva questo prodotto in anteprima, ebbe anche un colloquio con Flandoli a Mirandola, ma in una Bellco distratta e iperpresa da altri progetti i tempi non erano maturi e non gli si diede ascolto. Dopo un po’ di tempo lui emigrò fortunosamente negli USA, a Kansas City , dove fu ascoltato, sì, e più di una ditta americana cominciò a fabbricare e distribuire in tutto il mondo questo catetere.

Andò meglio con i contatti con la Polfa di Lublino, produttrice di vari articoli ospedalieri: nell’arco di un paio d’anni fummo in grado di garantire l’avvio dell’assemblaggio in loco dei nostri dializzatori monouso Vita 2 , e questo ci aprì definitivamente  le porte ad una predominanza quasi assoluta nella dialisi polacca, che durò almeno fino ai primi anni ottanta. Al buon fine di tutto il progetto diede un contributo considerevole il già citato Sig. Micolajczak di Varimex, e il simpatico funzionario ministeriale, Dott. Pokrowski.

Mr G continuava il suo lavoro di tessitura, fra alti e bassi a volte folkloristici .

Entrammo in contatto con un georgiano di Tiflis, di cui non ricordo il nome, che imperversava a Varsavia in quel periodo, lui una fucina inarrestabile di progetti strampalati: dava per scontato l’inizio della fabbricazione delle nostre apparecchiature a Varsavia con il suo contributo, a cui avrebbe collegato la realizzazione di una clinica- bisca-galleria d’arte galleggiante sul Baltico. Improvvisamente scomparve , per risorgere in California, dove era giunto per coronare il suo antico sogno: comprarsi una Ferrari rosso fuoco.

Ci fu anche un infortunio, che però fu presto dimenticato dai nostri numerosi amici polacchi: per l’annuale congresso nefrologico polacco (che quell’anno si teneva a Lublino, guarda caso) gli organizzatori ci avevano chiesto un collega nefrologo italiano di buon livello come “guest speaker”.

Non avevamo che l’imbarazzo della scelta. Uno in particolare desiderava visitare la Polonia e noi lo accontentammo. Quello che io non sapevo era che questo miliardario professionista, maritato con una imprenditrice ricchissima, in Italia si professava comunista. Mr G partì subito col piede sbagliato, durante il suo trasferimento in auto dal’aeroporto di Varsavia a Lublino: “Dear Professor, you know, communism is the evil of mankind” e lui abbozzò.

Ma il tam-tam internazionale aveva già passato questa informazione ai congressisti, la figura del miliardario comunista era troppo osè per essere digerita da una audience di persone il cui stipendio medio mensile si aggirava sui cinquanta dollari, e tuttò ciò si tradusse in un imbarazzantissimo gelo che circondò il nefrologo italiano per tutto il tempo della sua presenza al congresso.

Le nostre giornate lavorative terminavano quasi sempre con pranzi ai quali partecipavano i medici nostri conoscenti, e nei quali si poteva parlare liberamente di tutto e rinsaldare l’amicizia. I polacchi erano informatissimi su quanto succedeva nel mondo e per loro l’Italia restava un paese incomprensibile: erano gli anni del terrorismo e della quasi scalata al potere del PCI.

Mr G rientrava presto in famiglia e io passavo la serata passeggiando, centellinando una bibita in un baretto al centro di Varsavia. Anche la situazione hoteliera, che era stata un vero incubo , andava normalizzandosi con la costruzione da parte dei solerti svedesi di alcuni grandi complessi alberghieri.

Scoprii anche che Mr G era un esperto fabbricante di bigiotteria (questa era apparentemente l’attività della sua famiglia): con una parte del denaro che aveva guadagnato con noi mi incaricò di acquistargli presso una ditta vicentina una macchina per produrre collane e ahimè all’apice della sua crisi di inquietudine mollò capra e cavoli: me lo vidi arrivare a Mirandola una mattina, dicendo che non sarebbe per il momento ritornato in Polonia, e mi chiedeva di aiutarlo a restare in Italia.

Presto realizzò che ciò era impossibile, e Mr G e la sua macchina per bigiotteria finirono a Mexico City , da dove mi inviò una cartolina , dicendo che soffriva per il caldo eccessivo e il cibo troppo speziato.

Ma, ripeto, nel clima di incertezza per il futuro che regnava nel paese- e la conseguente inquietudine- ciò non fece scalpore più di tanto a Varsavia.

Anche una funzionaria di Varimex che accompagnava ,come traduttrice e coordinatrice, un gruppo di tecnici ospedalieri in visita presso di noi a Mirandola non rientrò in Polonia: si dileguò dall’Hotel Pico insieme ad uno dei suddetti tecnici e dopo qualche settimana  ricevetti dalla coppia una cartolina di saluti da  San Francisco.

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