…1939, 1940, 1944, 1945…I tortellini

Commenti (0) Racconti

tortellini_0001

Passati gli anni della guerra si incominciava a stare un po’ meglio. Noi ragazzi eravamo cresciuti e pian piano si riprendevano le nostre tradizioni, che durante il conflitto erano state momentaneamente sospese.

Arrivavano le feste di Natale e da noi era usanza fare i tortellini come solo noi in Emilia sappiamo fare.

L’usanza era quella di ritrovarsi in due o tre famiglie, perché ne facevamo tanti per tutte le feste fino a Capodanno.

Noi da ‘Cantù’ e dai Pozzetti, tra vecchi e giovani eravamo almeno in una trentina.

Noi donne lavoravamo tutte insieme, prima in una e poi nell’altra casa.

Il giorno prima si preparava il ripieno: carne di maiale, di manzo, prosciutto crudo, grana, pane grattugiato e uova, tante quante ne servivano per fare un impasto morbido e nello stesso tempo asciutto.

Si lavorava solo al pomeriggio perché al mattino c’erano da fare altri

lavori.

Si incominciava verso le due. Una sola era addetta a tirare la sfoglia, mentre le altre riempivano e chiudevano le pastelle.

Si usavano anche più di venti uova per volta e per far diventare bella liscia la sfoglia bisognava lavorarla con tanta fatica, perché l’impasto era molto voluminoso e occorreva metterci tutta la forza di cui uno era capace.

Si divideva poi in pezzi che venivano avvolti in canovacci e messi a riposo in una grande zuppiera, coperti di modo che non prendessero aria.

Con il mattarello la si tirava, e più si tirava più si allargava e assottigliava fino quasi a toccare terra, tanto che bisognava stare molto attente a non romperla.

Diventava larga fino a che il mattarello poteva trattenerla, morbida, liscia, ed era meraviglioso pensare che con un pezzo di pasta si potesse ricavare una forma così rotonda, bella e gialla.

Veniva infine arrotolata e tagliata a strisce, che si mettevano una sull’altra. Si tagliavano a quadretti, si sistemavano al centro del tavolo e noi tutte attorno cominciavamo a lavorare. Una di noi era addetta a ritirare i tortellini fatti e li riponeva su di un gran tagliere tutti in fila.

Mio fratello Tancredo voleva si mettessero ben ordinati, tutti in fila come soldatini, e mi diceva: “Quando ritorno a casa voglio contarli!”.

Io provavo a contare per avere la soddisfazione di essere stata più brava di lui, ma mi confondevo. Le tabelline non erano il mio forte, così mi arrabbiavo, maledicevo la matematica e chi l’aveva inventata. Mia madre mi sgridava.

Lei era molto brava a fare i conti anche se non era mai andata a scuola.

Mia sorella, pure lei molto brava in matematica, mi diceva: ”Non sei neanche capace di contare i tortellini!”, e aveva ragione.

Così si facevano i tortellini per le festività natalizie, ma quando ci si metteva a tavola davanti al piatto fumante ci si dimenticava di tutta la fatica.

Maria Traldi

Tratto da: Quaderni di San Martino Spino

Anno 2008

Illustrazioni di Francesca Cavani

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *