1935 – Ricordi di scuola

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1935 - Al Suclar

1935 Verri calzature Volmer primo a sx gent.conc. Paola Verri

1935 - Scuole elementari di Mirandola - Cl. 1a

1935 I classe  Silvia_0001

Ricordi della signora Dina Golinelli.

Classe la a.s. 1935/1936
“Mio padre Edoardo mi portava a scuola in braccio in inverno perché io avevo solo delle scarpe di stoffa e non potevo andare sulla neve. C’era tanta neve! Mio fratello Fernando, invece, aveva gli zoccoli di legno e poteva andare a scuola a piedi. Era il Comune che dava gli zoccoli ai poveri insieme al pane nero. Si andava a prenderli dal “suclar”.

La scuola era vecchia, ma c’era già il termosifone. La maestra ci diceva di non andarci troppo vicino con la schiena anche se avevamo freddo perché dopo saremmo state male. Davanti c’erano cinque porte: due a sinistra per l’entrata a scuola dei maschi, due a destra per le femmine e quella in mezzo per la Direzione. C’erano due scale grigie che portavano al primo piano, in cui erano collocate le classi la– 2a e 3a. Al secondo piano cerano le classi 4a e 5a. Io mi sono tanto “stimata” quando ho iniziato a frequentare la scuola al secondo piano perché significava che ero “grande”.

Nell’aula cera la lavagna con i piedi, la cattedra con sotto la pedana che la rial­zava, i banchi di legno “a due” con i seggiolini attaccati e con il calamaio. Sul muro c’era il crocefisso, la fotografia del re, la fotografia del Duce e anche quella di donna Rachele, sua moglie. C’era anche una piantina di Mirandola con le sue frazioni tanto grande che arrivava fino al soffitto così la vedevano anche le bambine che stavano negli ultimi banchi e c’era il termosifone caldo.

In classe siamo state fino a 44 femmine. Non cerano classi miste, non si poteva. C’era anche una bidella per le femmine e un bidello per i maschi. C’erano molte ripetenti in classe, anche molto più grandi. Molte bimbe avevano i pidocchi.

In la, 2a e 3aportavo un grembiule nero, poi in 4a e 5a un grembiule bianco. Le scuole sono state chiuse il 10 giugno del 1940 quando è iniziata la guerra e poi anche dopo per via dei bombardamenti. Io, però, ho fatto in tempo a finire la 5a prima che le chiudes­sero. Dopo le hanno riaperte così mia sorella Isabella è andata a scuola giusta nel 1945.

Avevo una cartella di cartone, un astuccio di legno con il portapenne, una scatola di cartone con sei colori. Altre bimbe ne avevano di più, ma io ne avevo solo sei.

Poi avevo il libro di lettura in la e 2a e dopo anche il libro di storia, geografia e scienze. Avevo due quaderni, uno a righe e uno a quadretti. Nell’armadio della mae­stra c’erano anche i nostri quaderni di bella scrittura. I quaderni ce li passavano, dieci ogni anno. Io avevo la tessera da Piccola Italiana anche se mia mamma Armanda non l’avrebbe voluta.

La mia maestra era in gamba. Se una non era brava dava anche 0 o picchiava le dita con la bacchetta. Se una era brava, invece, dava anche 10 e lode. Io ero brava nei problemi. Un anno, invece dei voti, c’era 1°, 2° e 3°, un altro anno “bene”.

Per la ricreazione io portavo da casa una mela da mangiare e poi davano ai po­veri la pagnotta di pane nero. Noi eravamo tanto poveri! Ci davano anche da bere l’olio di merluzzo in un cucchiaio portato da casa (mia mamma mi aveva dato un cucchia­ione, il più grosso che c’era a casa, incartato, insieme con alcune mentine da mangiare dopo averlo bevuto). Com’era disgustoso quell’olio unto e come sapeva di pesce! Dopo del tempo a me e a mio fratello Fernando, che aveva lo stomaco delicato, hanno dato, al posto dell’olio di merluzzo, un’emulsione di pesce che era più buona.

A scuola c’era anche il refettorio e, quando in inverno si stava a scuola tutta la giornata, a pranzo ci davano da mangiare la minestra con i fagioli. Io stavo volentieri a scuola perché a casa avevo solo delle patate (abbiamo mangiato sei quintali di patate durante la guerra!) e qualche mela campanina. Il pane, un filoncino in tanti, lo lascia­vamo a mia sorella più piccola, l’Isabella. Mio fratello Fernando, a causa del suo stomaco delicato, preferiva invece, andare a casa a pranzo”.

Tratto da: C’era una volta la nostra scuola….

Edizioni Al Barnardon

Anno 2011

scuola

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