1935-36…o giù di là….La trebbiatura

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1935-36…o giù di là…
LA TREBBIATURA

Dalla metà di giugno alla metà di luglio si incominciava a mietere il grano, e lo si raccoglieva tutto a mano.

Ricordo bene che mio fratello Amelio mi voleva sempre vicino, perché le mie mani erano piccole e non potevano tenere tanto grano, così lui mi aiutava a non rimanere indietro dagli altri mietitori.

Ci si metteva uno a fianco all’altro, e ognuno raccoglieva la propria striscia da un capo all’altro del campo. Non vi dico che male alla schiena!

Terminato di mietere si legavano i covoni, si sistemavano in piedi a gruppi di cinque o sei, e tre si mettevano sopra a fare da tetto in caso di pioggia.

Finito tutto il raccolto si preparava l’aia: con i badili si toglieva tutta l’erba che c’era nel cortile, in modo che fosse tutto pulito, e si portava sulla concimaia con le carriole. Si andava in campagna a ritirare i covoni e si facevano delle cataste che in dialetto si chiamano ’cavaiòn’, e che sembravano delle case con tanto di tetto per il modo in cui veniva disposto il grano. Mastro Gaetano Pozzetti detto ‘Niin’ e altri lavoratori della raccolta continuavano a fare questi mucchi fino a riempire tutta l’aia. Tra il grano dello zio Alfredo e dei suoi due fratelli ce ne veniva davvero tanto!

La trebbiatrice era di proprietà di Toni Reggiani, marito di mia cugina Darma Guerzoni. Quando aveva tempo di venire da noi ci avvisava in anticipo perché ci si potesse organizzare bene con la manodopera, infatti per la trebbiatura servivano tante braccia. Il sabato sera si andava davanti all’ufficio di collocamento e un addetto distribuiva a tutte le cascine gli operai per questo importante avvenimento.

Ricordo che tutti volevano venire dai ‘Cantù’…

Il giorno che si incominciava bisognava coprire il pozzo con un telo, tenere ben chiuse le finestre e le porte di casa, entrare ed uscire dalle cantine di dietro, perché la polvere penetrava ovunque. Si iniziava alle sei del mattino, alle otto e mezza si faceva la pausa per colazione, che durava una mezz’oretta.

Ci si sedeva all’ombra dietro casa; ognuno portava con sé da mangiare, ma mia madre affettava sempre un bel piatto di prosciutto, che teneva da parte per quell’occasione così speciale, e offriva bottiglie di vino della nostra vigna che era molto buono!

Gli addetti alla trebbiatrice mangiavano in casa con i proprietari del frumento.

Me li vedo ancora davanti agli occhi alzare con foga quei covoni con i forconi; ridevano e scherzavano perché il vino li aveva caricati di nuova energia!

Per tre o quattro giorni la trebbiatrice rimaneva nel cortile, perché anche i contadini che non avevano un cortile dove poter lavorare venivano da noi con i carri carichi del loro frumento. Ricordo in particolare Alfredo Baraldi e Renzo Testa.

Il grano veniva messo dentro a grandi sacchi che gli operai portavano in spalla su per due scale di legno fino al granaio. Sotto al loro peso sentivo il rumore dei gradini che scricchiolavano, sembrava che ad ogni passo il gradino dovesse cedere…

Per noi ragazzi, nonostante si mangiasse tanta polvere, era una gran festa, perché in quei giorni c’era tanta gente intorno a casa. 

 Tratto da: Quaderni di San Martino

Autore: Maria Traldi

Anno: 2008

Illustrazioni di Francesca Cavani

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